Inchiesta “Tiberio”: Respinto ricorso di Cusani, condannato a pagare le spese

Il sindaco Cusani

“Blindate” le accuse a carico di Armando Cusani. Tornato da tempo in libertà, il sindaco di Sperlonga ha continuato a dare battaglia contro l’ordinanza di custodia cautelare che lo aveva portato prima in carcere e poi ai domiciliari, per i reati di corruzione e turbativa d’asta a lui contestati nell’inchiesta “Tiberio”. La Suprema Corte, però, tornata per la seconda volta a pronunciarsi sulla vicenda, ha respinto le contestazioni della difesa del politico su presunte violazioni di legge compiute nel corso delle indagini e, dichiarando inammissibile il ricorso, ha di fatto rinsaldato il castello accusatorio costruito dal pm Valerio De Luca alla base del processo in corso.

Cusani, dopo essere finito in carcere, aveva ottenuto i domiciliari e, impugnando anche l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Roma, aveva poi ottenuto dalla Cassazione l’annullamento del provvedimento, con rinvio al Riesame. I giudici del Tribunale della libertà sono stati invitati a verificare le iscrizioni nel registro degli indagati, per attestare l’eventuale inutilizzabilità di atti di indagine acquisiti ed esaminati nell’ordinanza custodiale dopo lo scadere dei primi sei mesi di indagini. I giudici sono inoltre stati sollecitati ad appurare l’effettiva sussistenza delle nuove ipotesi di reato contestate al sindaco dopo le prime accuse. Il Riesame, però, rivalutato il caso, ha ritenuto che non vi fossero state le violazioni contestate dal ricorrente e ha confermato i domiciliari per il primo cittadino. Da lì un secondo ricorso in Cassazione, dichiarato però inammissibile. Nelle motivazioni di quest’ultima sentenza è stato tra l’altro ora specificato che Cusani si è limitato a riproporre le stesse doglianze già vagliate dal Riesame. E per il sindaco è scattata anche la condanna a pagare 1.500 euro alla cassa delle ammende.