Allevatore ucciso: un corpo ‘spezzato’ e quella tomba nel ventre del bosco – VIDEO e FOTO

Video e galleria fotografica in coda 

Armando Capirchio

Ucciso, smembrato e infine gettato in un buco nascosto nella boscaglia. Una grossa cavità carsica sulle montagne pontine che ha accolto i pezzi di quel corpo ormai martoriato all’interno di due buste, del tipo utilizzato per i mangimi. Celandoli per mesi, prima che venerdì gli investigatori riuscissero ad individuarli. Chiudendo un altro, decisivo cerchio attorno alla misteriosa scomparsa del 56enne Armando Capirchio, allevatore di Vallecorsa, nel Frusinate, sparito da casa lo scorso 23 ottobre. I carabinieri erano ormai certi da tempo che fosse stato ucciso, tanto da arrestare per omicidio volontario e occultamento di cadavere un pastore, il 52enne compaesano Michele Cialei, e contestualmente indagare a piede libero il figlio 20enne di quest’ultimo. Ma ancora non erano riusciti ad individuare i resti della vittima. Buio fitto, almeno fino al primo pomeriggio di venerdì: il cadavere è venuto alla luce alla periferia di Lenola, Comune confinante con quello teatro della scomparsa.


‘Infoibato’

L’accesso alla cavità carsica in cui è stato rinvenuto il corpo

Una tomba avvolta tra rovi intricati e castagni, quella scelta nel tentativo di nascondere l’atroce fine del 56enne. Una cavità carsica in località Ambrifi, all’interno di un fondo risultato di proprietà di un parente dell’uomo accusato del delitto, un vallecorsano comunque estraneo alle indagini.

Fango, spine, alberi ad alto fusto. E quindi il grosso e ripido ‘squarcio’ nel terreno, simile a una foiba, che da chissà quando – con tutta probabilità già da ottobre – aveva inghiottito i resti di Capirchio. Da quelle parti, certe cavità le chiamano ‘chiaviche’. Ce ne sono diverse. Per un posto molto isolato, situato ai bordi di una piccola stradina sterrata senza uscita. Un luogo battuto in pratica solo dai cacciatori, e ritenuto l’ideale anche per una semplice questione logistica: in una terra di nessuno, eppure in linea d’aria ad uno schiocco di dita dal territorio di Vallecorsa, dove si presume si sia consumato il fatto di sangue.

Il ritrovamento ed il recupero a ostacoli

Un corpo ‘spezzato’, dunque. Nel trovarlo i carabinieri sono andati quasi a colpo sicuro. Grazie alla sagacia investigativa, alle confidenze di contadini e cacciatori, e ai riscontri estrapolati dai rilevi tecnici, in particolare dall’analisi delle celle telefoniche agganciate dal cellulare di Cialei, dall’Arma sono arrivati a circoscrivere una vasta zona a cavallo tra Lenola e Vallecorsa, restringendo man mano le ricerche. Fino ad arrivare a quest’oggi, quando, dopo circa tre ore di lavoro, i militari sono riusciti finalmente a rinvenire la salma imbustata. Numerose, le divise impegnate in prima linea. I carabinieri vallecorsani ed i colleghi del comando provinciale di Frosinone, quelli della Stazione lenolese, i carabinieri forestali di Castro, Ceccano ed ancora Frosinone, i forestali del distaccamento di Fondi.

Oltremodo determinanti sono state però anche altre presenze, quelle degli speleologi del gruppo del soccorso alpino e dei vigili del fuoco. Tra corde, carrucole e imbracature hanno faticato non poco a calarsi nella grotta, scoscesa e che a sua volta ingloba altre insenature. Circa 10-15 metri al di sotto del terreno, il punto più basso. Uno di quelli in cui è stato lanciato il corpo dell’allevatore ammazzato, riportato alla luce dagli intervenuti al termine di una sorta di percorso a ostacoli, e successivamente trasportato presso la camera mortuaria dell’obitorio di Frosinone per l’esame autoptico di rito. Solo una volta espletate le ultime incombenze, di certo non secondarie, dopo mesi si potrà dare una degna sepoltura per Armando Capirchio. I cui resti, già straziati, per fortuna sono stati almeno risparmiati dall’incedere degli animali che affollano il bosco: erano stati gettati talmente in profondità, hanno sottolineato i carabinieri, che non potevano arrivarvi.

L’ombra lunga del complice, lo sgomento dei lenolesi

Il passaggio che si ritiene sia stato utilizzato per far scivolare il corpo

Tra i graduati dell’Arma sul luogo del ritrovamento, il maggiore Matteo Branchinelli, comandante del Norm della Compagnia di Frosinone. Che ha confermato l’ipotesi, concreta sin dall’inizio, di un complice, se non nel delitto in sé, quantomeno nelle fasi successive, quelle dell’occultamento del cadavere, si pensa fatto scivolare per una discesa fangosa. Pur trincerandosi, come da copione, davanti alle domande più specifiche: “Si sta procedendo, però ancora non possiamo sbilanciarci”. Indagato per occultamento di cadavere, come noto da tempo, il figlio di Cialei.

Ai bordi del bosco di Ambrifi, a qualche ora dal ritrovamento, si è portato anche il sindaco di Lenola. Tanto per complimentarsi con le forze dell’ordine, quanto per precisare come l’accaduto accaduto non riguardi la sua comunità. Che pure in quel fazzoletto di territorio, per stessa sottolineatura del primo cittadino, è quasi un tutt’uno con i confinanti di Vallecorsa, con diverse famiglie della zona imparentate o ad ogni modo in stretti rapporti. In tanti, i lenolesi allarmati dalla macabra scoperta che ha messo fine al giallo sulle sorti del corpo dell’allevatore ucciso. Sia per le circostanze non certo ordinarie, in particolare in un ‘sonnolento’ paesino di montagna qual è Lenola, sia per il fatto che, a caldo, i cittadini non conoscevano la precisa identità del morto. Poteva benissimo essere “uno di loro”. Ed ecco dunque una sequela di chiamate al sindaco, unito al viavai, vorace ma allo stesso tempo composto, di residenti e proprietari terrieri della zona.

Morte sul monte Calvo

Il maggiore Branchinelli

Agli occhi dei carabinieri, il quadro investigativo appare chiaro da tempo. Capirchio sarebbe stato ucciso volontariamente da Cialei, suo conoscente, al termine di una colluttazione o di un vero e proprio agguato premeditato. Un omicidio che si sarebbe consumato sullo sfondo del monte Calvo, su un’altura a due passi dal confine con la provincia di Latina, nell’area in cui la 56enne vittima faceva ogni giorno pascolare i suoi cavalli. A testimoniarlo – dice il teorema investigativo – ci sarebbero oltretutto delle tracce di sangue, rinvenute su alcune pietre e nell’auto di Cialei mesi addietro e, una volta repertate, passate al vaglio degli specialisti del Ris: erano di Capirchio.

Quale, il movente? Gli investigatori ritengono possa essere individuato in un conto in sospeso fra pastori. Una sorta di scontro rurale, insomma, in quello che è tuttora un mondo a parte, in cui continuano a farla da padrona regole arcaiche e, non di rado, faide feroci e sanguinose. Sempre sulla pista di un conto in sospeso per questioni di capi, pascoli e sconfinamenti sfociato col ricorso alla violenza, i carabinieri erano peraltro già giunti in provincia di Latina tempo fa. Non a Lenola, bensì a Monte San Biagio sospettando di aver avuto un qualche ruolo in quello che allora era un omicidio solo presunto un altro allevatore, in breve comunque uscito fuori dal radar dei carabinieri. Oggi riattivatisi con successo tra la boscaglia di Lenola.

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A PAGINA 2 – VIDEO: IL LUOGO DEL RITROVAMENTO ED IL PASSAGGIO

A PAGINA 3 – VIDEO: L’INTERVISTA SUL POSTO AL COMANDANTE DEI CARABINIERI

A PAGINA 4 – VIDEO: PARLA IL SINDACO DI LENOLA

A PAGINA 5 – VIDEO: IL LUOGO DEI RITROVAMENTO, IMMAGINI DEI CARABINIERI

A PAGINA 6 – LA GALLERIA FOTOGRAFICA COMPLETA