OMICIDIO VACCARO, LE MOTIVAZIONI DELLA CORTE D’ASSISE DEL TRIBUNALE DI LATINA

*La vittima Matteo Vaccaro*
*La vittima Matteo Vaccaro*

Trascorsi tre mesi dal giorno della sentenza con cui la Corte d’Assise del Tribunale di Latina ha condannato i sei imputati accusati dell’omicidio di Matteo Vaccaro, il giudice estensore Lucia Aielli ha depositato le motivazioni del provvedimento, spiegando perché insieme al collega Pierfrancesco De Angelis e ai sei giudici popolari si è convinta della colpevolezza di Alex Marroni, Francesco D’Antonio, Paolo Peruzzi, Gianfranco Toselli, Fabrizio Roma e Matteo Ciaravino. In cinquanta pagine il magistrato ha ripercorso le diverse fasi del processo, cercato di sciogliere i dubbi che hanno caratterizzato l’indagine prima e le varie udienze poi, e chiarito gli elementi che proverebbero la responsabilità dei sei giovani latinensi.

*Paolo Peruzzi*
*Paolo Peruzzi*

Un processo che ha visto Marroni e D’Antonio condannati a 24 anni di reclusione, Peruzzi, nel frattempo evaso, a sedici anni, e gli altri tre imputati a quindici anni. Motivazioni che si potrebbero sintetizzare nelle poche battute con cui il giudice Aielli inizia ad analizzare la vicenda in fatto e in diritto: “Ritiene la Corte che all’esito della vasta e complessa istruttoria dibattimentale, caratterizzata dall’assunzione di plurime e diversificate fonti di prova di natura orale e documentale, sia pienamente provata la penale responsabilità degli imputati per il reato di omicidio volontario posto in essere in concorso tra loro, ai danni di Vaccaro Matteo, con esclusione delle circostanze aggravanti della premeditazione e dei motivi futili contestate”. E la battaglia delle difese? Liquidata con un “complessivamente la strategia difensiva è stata dichiaratamente orientata verso l’introduzione del dubbio, che tuttavia per portare all’assoluzione dell’imputato deve essere pur esso ragionevole”.


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I FATTI

*Parco Europa*
*Parco Europa*

La Corte d’Assise, nel ricostruire l’accaduto, parte dal litigio del 29 gennaio 2011, davanti al locale “Pietra Nuda” gestito dai Vaccaro, tra quest’ultimi e Francesco De Masi, cugino di D’Antonio. Evidenziati gli insulti di De Masi ai ristoratori, la reazione di Matteo che colpì il giovane e l’intervento di D’Antonio, recatosi al “Pietra Nuda” per ricevere spiegazioni sull’accaduto, specificando riferendosi al cugino: “Il pischello non doveva essere toccato”. E ancora: “Non finisce qui”. I giudici passano poi all’intervento di Renato Pugliese, incaricato da D’Antonio di organizzare un incontro pacificatore con i Vaccaro, della decisione alla fine di Pugliese di tirarsi fuori dalla vicenda e dell’incontro al Parco Europa, conclusosi con l’omicidio.

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I DUBBI SULL’INQUINAMENTO DELLA SCENA DEL CRIMINE

*Uno degli arrestati poco dopo il fermo*
*Uno degli arrestati poco dopo il fermo*

Tanti i sospetti emersi in aula su una possibile manipolazione della scena del crimine, partendo dal mancato ritrovamento dei bossoli. Per il giudice Aielli non vi sono invece conferme a tali dubbi: “Deve essere subito chiarito che la zona interessata dall’omicidio, nell’immediatezza del fatto non può aver subito alcuna dolosa alterazione tesa a mascherare o deviare l’esatta ricostruzione del fatto, poiché come si evince dalle telefonate d’allarme al 113, tra il momento in cui sono avvenuti gli spari e quello in cui sono intervenuti gli operanti non vi è stata soluzione di continuità.

Subito dopo il fatto l’area è stata immediatamente circoscritta, per cui il sospetto avanzato dalle difese circa l’intervento di terze persone che avrebbero occultato i bossoli, determinando un’alterazione della scena del delitto, può dirsi in realtà spiegato per la difficoltà degli operanti, visto il tempo di notte, l’erba alta e la mancanza di mezze adeguati, di rinvenire, nell’immediatezza, detti reperti, mentre poi, nei giorni a seguire, essendovi stato un intervento di manutenzione della ditta di giardinaggio che procedeva al taglio dell’erba, è probabile che detti reperti siano andati perduti”.

I “PILASTRI” DELL’ACCUSA

*Parco Europa a Latina*
*Parco Europa a Latina*

Per i giudici determinanti per ricostruire con esattezza l’accaduto sono le testimonianze, rese subito dopo i fatti, dagli imputati Alex Marroni e Paolo Peruzzi, dal fratello della vittima, Alberto Vaccaro, e da Linda Cassia, residente nei pressi del Parco Europa e che ha assistito parzialmente alla scena. Testimonianze a cui vanno aggiunte le intercettazioni ambientali compiute in carcere, la relazione balistica del consulente di parte civile, quella medico-legale del consulente del pm, l’esame Stub compiuto dalla polizia scientifica e il sequestro dell’arma del delitto. Un quadro che porta il giudice Aielli a ribadire il ruolo di sparatore per Marroni, a definire D’Antonio istigatore, organizzatore e vero motore della spedizione punitiva, e gli altri quattro come coloro che, “condividono con D’Antonio il proposito criminoso, decidendo volontariamente di andare con lui per punire i Vaccaro”.

LE MINACCE A CHI AVEVA PARLATO

*Il Tribunale di Latina*
*Il Tribunale di Latina*

Marroni e Peruzzi, per la Corte d’Assise, è provato che dopo le dichiarazioni rese agli inquirenti sono stati minacciati. Tesi che i giudici supportano con la conversazione intercettata in carcere tra Marroni e il padre, quando il ragazzo dice: “Senza attenuanti prendo dai cinque ai sei anni. Se io dico tutto mi ammazzano. Me sogno la notte che vengono e m’ammazzano”. “Per tale motivo – si legge nelle motivazioni della sentenza – Marroni in dibattimento non si sottoporrà a interrogatorio, ha paura che dicendo tutto, cioè riproducendo le dichiarazioni eteroaccusatorie a dibattimento, verranno condannati anche i suoi amici i quali invece, mantenendo il silenzio e ritenendo non recuperabili le dichiarazioni già rese in fase di indagini, potrebbero essere assolti”. Situazione analoga per Peruzzi.

CONFLITTO A FUOCO O AGGUATO

*Alex Marroni*
*Alex Marroni*

Al termine del processo non è emerso con chiarezza se al Parco Europa c’è stato un vero e proprio agguato ai Vaccaro o se invece non sia avvenuto un conflitto a fuoco. Per la Corte d’Assise, però, è molto improbabile che Matteo abbia sparato e se anche fosse non avrebbe alcun valore avendo esploso il primo colpo Marroni. “Acclarato – sottolinea il giudice Aielli – il previo concerto dei sei imputati nell’esecuzione di una spedizione punitiva con l’arma carica e destinata sicuramente a sparare come si evince anche dal fatto che il Marroni era l’unico a indossare guanti di pelle nera, utili a nascondere le tracce di sparo”. Irrilevante a tal proposito anche la testimonianza di Linda Cassia quando parla di “Far West”: “Dichiara ripetutamente che ella non ha visto più persone sparare, ha visto solo una confusione di spari, ha sicuramente visto e sentito più spari”.

LE INCONGRUENZE NEL RACCONTO DI ALBERTO VACCARO

Le contraddizioni tra quanto dichiarato da Alberto Vaccaro dopo l’omicidio e quanto riferito in aula, oltre alle contraddizioni tra tale testimonianza e gli altri elementi raccolti dall’accusa, secondo la Corte d’Assise non hanno valore. “A giudizio della Corte – viene sostenuto nelle motivazioni della sentenza – Vaccaro Alberto non è credibile su questo punto (quello sulla dinamica dei colpi ndr) non perché dolosamente menta, ma perché, nell’immediatezza, ancora sconvolto dalla morte del fratello non riesce a ricordare con lucidità i particolari della sparatoria e riferisce che il fratello ha sparato perché ricorda semplicemente più colpi; a dibattimento invece riferisce che Matteo non aveva l’arma perché ingenuamente ritiene che questo possa nuocere alla sua versione del fatto e recare vantaggio al gruppo assalitore, configurando la legittima difesa, senza sapere che il prioritario sparo da parte del Marroni vale ad escludere qualsiasi possibile causa di giustificazione”.

GLI STUB

Il particolare che siano state trovate tracce di polvere da sparo indosso a Marroni, ma soprattutto alla vittima e a Peruzzi, secondo i giudici deriva dal fatto che “i corpi sono talmente vicini che l’esplosione del colpo da parte del Marroni non solo attinge mortalmente Matteo Vaccaro, ma invade anche la sua mano destra e contamina il Peruzzi che si trova a pochissima distanza da lui.

ECCO PERCHE’ SONO TUTTI COLPEVOLI

I sei imputati sono stati ritenuti tutti responsabili dell’omicidio, in quanto per i giudici il gruppo ha “posto in essere volontariamente, per primo, l’azione offensiva consistita nello sparo intimidatorio a terra, cui dovevano seguire, secondo il piano preordinato e condiviso, sicuramente altri colpi”. “La presenza fisica degli imputati sul luogo del delitto – viene ribadito – integra, nel caso di specie, un’ipotesi tipica di concorso di persone nel reato”. Per concludere: “Nel caso di specie il gruppo D’Antonio si compone e si coalizza con il dichiarato proposito, noto a tutti i partecipanti, di andare a punire i Vaccaro, punizione da attuare non certo a parole o a mani nude, ma usando l’arma di cui evidentemente tutti sapevano e che senz’altro doveva sparare atteso che Marroni era l’unico a indossare i guanti”.