Necrologi per Monte San Biagio, lugubre protesta. Le reazioni

Pasquinata lugubre, a Monte San Biagio: nel cuore del paese nei giorni scorsi sono comparsi manifesti funebri che annunciano la morte del paese. Una dipartita da addebitare all’amministrazione di centrodestra guidata dal sindaco Federico Carnevale, a detta della mano ignota che si nasconde dietro le affissioni.

“A causa della malagestione dell’amministrazione comunale, dopo una lunga e sofferta agonia fatta di scelte inappropriate e di chiusure di attività economiche – recitano in tono solenne i necrologi – è infine morta la citta (sic) di Monte San Biagio. Le sopravvivono i cittadini e alcuni (pochi) commercianti, costretti a confrontarsi con la cronica mancanza di servizi adeguati e con l’assenza di prospettive per il futuro”. Insomma, lassù in collina il dissenso si è trasformato in un attacco pesante e piuttosto macabro.


Arcangelo Di Cola

“Siamo veramente costernati nel vedere il centro storico oggetto di un atto di vandalismo, perché non lo si può che definire così”, si sfoga Arcangelo Di Cola, vicesindaco e assessore ad Urbanistica, commercio e attività produttive. “Per di più, un atto fatto in un periodo in cui il centro storico è vissuto e abitato, oltre che dai residenti, anche dai molti turisti che scelgono Monte San Biagio. Evidentemente perché non è un paese morto. Ma anzi un paese vivo, che dà servizi, che è pulito e dove comunque si cerca di dare una soluzione ai tanti problemi che ha ogni paese. Stigmatizziamo questo atteggiamento perché è alquanto vigliacco. Se si hanno delle lamentele, ci si può tranquillamente sedere e confrontare mettendoci la faccia”.

Guglielmo Raso

“Le anonime manifestazioni popolari del dissenso esistono da sempre. Basti pensare agli epigrammi satirici contro il potere temporale del Papa, nella Roma dell’800”, ricorda Guglielmo Raso, leader dell’opposizione consiliare. “Certo, questa ‘Pasquinata Monticellana’ è di gusto greve e alquanto discutibile. Come oggi è discutibile la scelta dell’anonimato: non siamo nella Roma del 1825 e nessuno rischia di essere giustiziato a Castel Sant’Angelo! Tuttavia, è innegabile che nella sua sostanza il messaggio è difficilmente contraddicibile, riassumendo ciò che in forma istituzionale, più costruttiva ed articolata, è stato sostenuto in relazione all’istituzione di un senso unico sperimentale ritenuto inutile e dannoso per il nostro centro storico. Ma le cose si cambiano manifestando il proprio dissenso in maniera pubblica, responsabile, civile e motivata, non con ‘Pasquinate’ anonime e ‘grida spagnolesche'”. Infine, un appello: “Rivolgo alla ‘voce del popolo’ l’invito ad uscire dall’ anonimato: siamo pronti a recepirne e sostenerne le istanze, purché manifestate pubblicamente, a viso aperto ed in maniera civile”.