Astice e Petrus, arrivate le condanne per 25 imputati

Il carcere di Latina

Venticinque imputati sono stati condannati a un secolo di carcere al termine del processo “Astice e Petrus”, incentrato su droga e cibi prelibati fatti entrare nel carcere di Latina ricorrendo alla corruzione.

Un processo in cui sono confluite due diverse indagini portate avanti dai carabinieri e in cui sono state formulate le accuse di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, truffa aggravata, ricettazione, spaccio di droga e porto illegale di armi.


Gli arresti, ben 34, erano scattati lo scorso anno.

Gli investigatori avevano precisato che gli allora indagati erano riusciti persino a far entrare dell’astice con cui banchettare all’interno della casa circondariale di via Aspromonte, dove era stato messo a punto un sistema che stava consentendo ai capi delle organizzazioni criminali locali di continuare a dettare legge ai loro soldati ancora in libertà e di organizzare altri gruppi per azioni malavitose future.

Un’inchiesta incentrata su due organizzazioni, una esterna al carcere, che si dedicava allo spaccio di sostanze stupefacenti a Latina, Pontinia e nei vicini centri dei Lepini, e una interna.

I carabinieri, nel corso di due anni di indagini, hanno scoperto che un ispettore e un assistente capo della polizia penitenziaria, uno in cambio di denaro e l’altro soprattutto di cocaina, facevano entrare nella casa circondariale sostanze stupefacenti, cibi costosi, favorivano gli spostamenti dei detenuti da una cella all’altra e permettevano anche di fare con un cellulare telefonate all’esterno.

Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Giorgia Castriota, a fronte di richieste per un totale di 121 anni di carcere avanzate dai pm Giuseppe Bontempo e Valerio De Luca, ha condannato a 3 anni e mezzo di reclusione il fondano Massimiliano Del Vecchio, già coinvolto in vicende di narcotraffico, Gennaro Amato, originario di Afragola e da tempo stabilitosi a Cisterna, anche lui coinvolto nel narcotraffico e ritenuto dagli inquirenti legato al clan dei Casalesi, e Angelo e Salvatore Travali, già coinvolti in Don’t Touch.

Tre anni di reclusione poi per Antonio Di Noia, di Cisterna, 5 anni e 8 mesi per Angelo Petrillone, 6 anni e 8 mesi per Simone Petrillone, 8 anni per Riccardo Petrillone, 2 anni e 2 mesi per la terracinese Nicoletta Torre, 3 per Martina Giacomelli, 4 anni per Michael Consoli e per l’albanese Adriatik Deda, 3 anni e 4 mesi per l’albanese Endri Collaku, 5 anni per Gioacchino Iazzetta, 5 anni per Salvatore Di Girolamo, 3 anni per Angelo Di Girolamo, 2 anni e 4 mesi per Antonio Sellacci, 2 anni e 4 mesi per Francesco Falcone, un anno e otto mesi per Stefano Venditti e Mario Braganti, 5 anni e 4 mesi per l’agente della polizia penitenziaria Gianni Tramentozzi, e anni per Marco Quattrociocchi, 2 anni e 2 mesi per Andrea Lazzaro, e assolto l’albanese Eneida Skendo.

Accolti infine i patteggiamenti a un anno e nove mesi per Mauro Guerrieri e a quattro anni per l’ispettore della polizia penitenziaria Franco Zinni.

Le difese, rappresentate tra gli altri dagli avvocati Angelo e Oreste Palmieri, Maria Antonietta Cestra, Gaetano Marino, Alessia Vita, Giammarco Conca, Sandro Marcheselli, Giancarlo Vitelli e Domenico Oropallo, attendono ora le motivazioni della sentenza per ricorrere eventualmente in appello.