Giardino Anelli, il Comune tenta la strada di un nuovo ricorso

Il Comune di Sabaudia

Sempre più un rebus la vicenda del Giardino Anelli. Dopo un ventennio di battaglie giudiziarie, per cercare una soluzione e provare a evitare danni al Comune, la giunta di Giada Gervasi ha deciso di presentare un nuovo ricorso.

Con una sentenza del 13 settembre scorso il Consiglio di Stato ha avallato la scelta fatta dall’ente locale nel 2007 di negare il condono per la palazzina realizzata in via Principe di Piemonte.


Un pronunciamento che sembra aprire la strada a un ordine di abbattimento, con il pericolo però che al Comune vengano chiesti i danni dal proprietario dell’immobile, non essendo mai stato annullato il permesso a costruire bocciato dal Presidente della Repubblica.

Contro la sentenza di Palazzo Spada del 2019, affidatasi al prof avvocato Valerio Tallini, la giunta presenterà quindi un ricorso per revocazione, chiedendo agli stessi giudici di Palazzo Spada di ribaltare il risultato di quella sentenza, essendo in contrasto con quanto proprio Palazzo Spada aveva sostenuto due anni prima.

La storia del Giardino Anelli del resto è una storia particolarmente tormentata ed è quella a cui hanno poi fatto seguito tutte le principali inchieste sull’urbanistica a Sabaudia, con il coinvolgimento di numerosi soggetti, di interessi ingenti e in alcuni casi la caduta dell’esecutivo.

La concessione edilizia a Ercole Anelli, Antonio Cerasaro e Maria Vittoria Cerasaro venne rilasciata il 21 gennaio 2000. Via libera a una palazzina da dieci mini appartamenti.

I proprietari di immobili vicini a quella palazzina presentarono una serie di esposti, la Procura della Repubblica di Latina aprì un’inchiesta e il 12 febbraio 2002 il Presidente della Repubblica accolse il ricorso presentato da Francesco Tovo.

Permesso annullato. Ma mai annullato dall’amministrazione comunale.

Subentrata nella titolarità della concessione la società Santa Barbara, la srl ha chiesto quindi al Comune il condono, negato dall’ente il 5 giugno 2007.

Contro quel mancato accertamento di conformità, la società ha a quel punto fatto ricorso al Tar, che le ha negato il risarcimento, ma ha annullato il provvedimento del Comune, ritenendo che non vi fosse, come invece si riteneva inizialmente, vincolo paesaggistico su via Principe di Piemonte.

La Regione Lazio ha però fatto appello e lo scorso anno il Consiglio di Stato ha annullato la sentenza del Tar, ritenendo che il problema non fosse il vincolo, ma le violazioni alle norme tecniche attuative del Prg, che impediscono nel centro storico di Sabaudia nuove costruzioni, consentendo solo manutenzioni ordinarie e straordinarie.

Il Comune, che nell’ultimo giudizio al Consiglio di Stato non si è costituito, si trova così a dover emettere un ordine di demolizione, esponendosi però al rischio di una condanna a risarcire la Santa Barbara, non avendo annullato il permesso a costruire dopo che era stato bocciato dal Capo dello Stato.

Un rebus. Che ora la giunta Gervasi spera venga risolto dal ricorso per revocazione a Palazzo Spada.