Sezione lavoro del Tribunale paralizzata, l’avvocato Guglielmo: cittadini privati dei loro diritti

I problemi che attanagliano la sezione lavoro del Tribunale di Latina sono tali che diventa sempre più difficile per gli utenti riuscire a farvi fronte. L’Ordine degli avvocati sta monitorando la situazione e sta cercando con determinazione di trovare una soluzione. E con tale obiettivo l’avvocato Roberto Guglielmo, uno dei legali di Latina che seguono numerosi procedimenti presso la sezione lavoro, ha inviato una lettera-appello al Presidente della Repubblica, al Csm, al ministro della giustizia, al presidente del Consiglio, al presidente della Regione Lazio, al prefetto di Latina, al presidente della Corte d’Appello di Roma e al presidente del Tribunale di Latina, battendo soprattutto sulla necessità di coprire i posti previsti dalla pianta organica, mancando alla sezione anche magistrati.

“Il lavoro rende liberi”. Ha esordito così nella sua lettera l’avvocato Guglielmo. Per poi proseguire: “Con questa espressione ironicamente impressa all’ingresso di numerosi campi di concentramento il regime nazista esortava i prigionieri a lavorare fino allo sfinimento. Come se il lavoro in qualche modo avesse consentito loro di raggiungere la libertà e di fuggire da quella condizione. “L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro”. Con questa frase scritta nella nostra Carta Costituzionale gli illuminati Costituenti stabilirono il principio cardine sul quale i cittadini avrebbero dovuto ricostruire l’Italia post bellica. Il legislatore già settanta anni fa aveva ben compreso ciò che ironicamente il regime nazista sosteneva: Il Lavoro effettivamente rende liberi. Se il Lavoro è libero infatti rende liberi dalla schiavitù. Consente all’individuo di affermare sé stesso. Di progredire. Di evolversi. Il lavoro se correttamente retribuito crea benessere economico a chi lo svolge, ma anche e soprattutto benessere sociale ed elevazione morale dell’individuo. La profonda attenzione che il Legislatore ha posto nella redazione della Carta Costituzionale è ben evidente nei numerosi articoli che espongono diritti o doveri direttamente ricollegati al Lavoro. E così all’art. 4 la Costituzione pone a carico del cittadino “il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Ogni cittadino ha quindi il Dovere! Ma tale dovere spetta al cittadino allorquando “La Repubblica riconosca a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. L’art 35 stabilisce che “La Repubblica tutela il Lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori”. L’art 36 stabilisce la giusta retribuzione spettante al cittadino, che deve essere proporzionata alla quantità e qualità del lavoro, ma in ogni caso sufficiente ad assicurare a lui ed alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Prevede inoltre la irrinunciabilità del riposo settimanale e delle ferie retribuite, perché in tali momenti il lavoratore deve curare la propria sfera personale e familiare consentendo così quel progresso materiale e spirituale della società. L’art. 37 non prevede l’uguaglianza fra uomo e donna (già sancita dall’art. 3), ma tra il Lavoratore e la Lavoratrice. Tale uguaglianza deve essere reale ed effettiva tanto che “Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”. L’art. 38 stabilisce le tutele assistenziali e previdenziali dei cittadini “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale”. Tali tutele devono essere assicurate e garantite dagli Organi e dagli Istituti preposti o integrati dallo Stato. Minori sono infatti le possibilità dei cittadini e più gravosi devono essere i compiti della Repubblica, che per mezzo dei suoi organi, deve rimuovere tutti gli ostacoli e prevedere persino la formazione e l’avviamento professionale dei minorati e degli inabili. Non meno importanti sono poi le tutele sindacali ed il diritto allo sciopero sanciti dagli articoli 39 e 40, così come la tutela della “libera” iniziativa privata sancita all’art. 41. A ben vedere lo stesso diritto alla salute sancito all’art. 32 non può che passare dalla verifica della salubrità dei luoghi di lavoro dove il cittadino trascorre circa un quarto della propria esistenza. Questi sono sicuramente i principi cardine e le disposizioni più importanti sancite dal Legislatore Costituzionale, laddove le parole “Lavoro” o “Lavoratore” sono ripetute ben 26 volte nei primi 52 articoli (la parola “famiglia” viene ripetuta solamente 4 volte in tutta la Costituzione).


È in questa alternanza di diritti-doveri che la Costituzione definisce, tutela e infine richiede ai cittadini il Lavoro. I padri Costituenti, infatti, avevano ben compreso che un uomo che lavora, verosimilmente non necessita di delinquere per soddisfare le proprie esigenze. Un uomo soddisfatto del proprio lavoro e ben retribuito per la propria opera difficilmente litiga per motivi futili. Difficilmente un padre di famiglia, correttamente retribuito e realizzato nel proprio lavoro fa mancare ai propri figli i mezzi di sussistenza. Laddove, infine, tutti i lavoratori sono correttamente retribuiti vi è una sana e leale concorrenza fra le aziende sul mercato, in quanto il costo della forza lavoro rimarrà sempre il principale costo aziendale. Per dare attuazione all’art. 3 “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”, la buona Amministrazione ha quindi l’obbligo di tutelare il Lavoro e i diritti previdenziali/assistenziali dei lavoratori, perché solo attraverso essi possono sussistere tutti gli altri diritti del cittadino.

Le parole impresse nella nostra Carta Costituzionale rimangono, oggi, inutilmente scritte e i diritti sanciti hanno suono beffardo: il lavoro non renderà mai liberi se coloro ai quali è affidato il compito di rimuovere gli ostacoli ai diritti connessi al lavoro deliberatamente si disinteressano dell’Amministrazione della Giustizia attraverso la principale “tutela del lavoro”. Come avvocato e prima ancora come cittadino non comprendo il motivo per cui coloro i quali hanno il compito di rimuovere gli ostacoli all’esercizio di diritti costituzionali, dimenticano il grave stato di paralisi in cui versa il Tribunale di Latina ed in particolare la Sezione specializzata in materia di lavoro. Da oltre un anno infatti la Sezione del Tribunale non riesce a garantire tutela ai cittadini. Da oltre un anno solo uno/due Magistrati togati su cinque previsti dalla pianta organica sono impiegati a tempo pieno nelle proprie funzioni, con totale scopertura dei posti vacanti. A fronte infatti dei pensionamenti, trasferimenti e congedi dei Giudici in forza presso la sezione, il Ministero della Giustizia non ha provveduto alla dovuta sostituzione dei Magistrati mancati, per consentire il regolare svolgimento delle udienze e la definizione dei giudizi pendenti. Assolutamente inconsistente, sebbene necessitata dal momento per evitare la totale paralisi dell’Ufficio, risulta poi l’affidamento di alcuni procedimenti ai Giudici Onorari, per i quali lo stesso Ministero non prevede espressamente la competenza a giudicare nella materia del lavoro. Anche per tale motivo, nella maggior parte dei casi, gli stessi Giudici Onorari non possono che verbalizzare la presenza delle parti e rinviare i giudizi ad oltre un anno per i medesimi incombenti.

Conseguenza immediata di questa mala gestio della sezione lavoro del Tribunale di Latina non sono i ritardi nelle decisioni, ma la quasi totale paralisi dei giudizi. I dati raccolti sono a dir poco inquietanti. A fronte di quattromiladuecento procedimenti iscritti ogni anno le sentenze emesse dalla Sezione Lavoro nel 2017 sono circa 700, ovvero poco più della metà dell’anno precedente (1348 sentenze emesse nel 2016 con una pianta organica già ridotta e 1680 sentenze nel 2015). Il numero dei giudizi pendenti è così passato dai 7.200 del 2016 agli oltre 8.000 del 2017, con crescita esponenziale prevista per l’anno 2018 che supererà le 10.000 pendenze che non possono certo essere trattate da soli due Magistrati. Fra i 4000 giudizi iscritti annualmente vi sono impugnative di licenziamento e richieste di differenze retributive, che con ogni probabilità non produrranno alcun beneficio per il lavoratore: i provvedimenti tardivamente presi non consentiranno infatti alcuna riassunzione in servizio, nessun risarcimento o pagamento delle retribuzioni nei confronti di aziende ormai cessate e cancellate dal registro delle imprese, con l’ulteriore conseguenza che le aziende “scorrette” proseguiranno l’attività ed aziende “corrette” saranno costrette a chiudere, soggiogate da prezzi di mercato non concorrenziali. Vi sono poi le richieste di pensione e di ammortizzatori sociali, oltre ovviamente ai giudizi di natura assistenziale che subiscono e subiranno gravissimi ritardi, tali da compromettere la funzione stessa degli istituti: una indennità di accompagno riconosciuta al ricorrente dopo la morte, perde la propria natura assistenziale e può svolgere tuttalpiù una minima funzione risarcitoria per gli eredi. Conseguenze immediate di tale decadimento giudiziario e denegata giustizia sono la impossibilità del lavoratore di assicurare a sé ed alla propria famiglia il sostentamento, la violazione delle regole di concorrenza del mercato, la incapacità della Repubblica di assicurare ai cittadini indigenti e bisognosi i mezzi di sussistenza.

La presente lettera pertanto vuole essere un invito affinché gli Organi e le Istituzioni deputate all’amministrazione della Giustizia intervengano quanto prima disponendo la sostituzione dei Magistrati mancanti ed il rimpiazzo della pianta organica della Sezione Lavoro del Tribunale. Diversamente le conseguenze per la denegata giustizia, già oltremodo gravi per tutto il distretto di competenza del Tribunale, diverrebbero irreversibili a causa dell’accumulo dei giudizi pendenti, così come incalcolabili e devastanti sarebbero i danni per le Aziende ed i cittadini della Provincia di Latina”.