Di Silvio e Ciarelli, l’Appello conferma: è un’associazione per delinquere


(immagini H24notizie del 16 aprile 2012)

I Di Silvio e i Ciarelli avevano costituito a Latina un’associazione per delinquere. Le due famiglie di origine nomade, una mettendo la potenza militare e l’altra quella economica, avevano dato vita a un’organizzazione criminale, con l’obiettivo di monopolizzare gli affari illeciti nel capoluogo pontino. Un gruppo pronto anche ad uccidere pur di far valere la propria legge.


Tale ipotesi, formulata dagli inquirenti alla luce delle indagini successive alla cosiddetta guerra criminale tra rom e non rom, esplosa a Latina nel 2010, ha retto anche in appello. Il processo denominato “Caronte”, in secondo grado, si è così concluso con condanne per un totale di 214 anni e tre mesi di reclusione, oltre due secoli, a carico di 22 imputati. L’unica vera novità rispetto alla sentenza emessa il 26 giugno dell’anno scorso dal Tribunale di Latina è stata soltanto quella dell’assoluzione da tutte le accuse di Costantino “Patatone” Di Silvio, in primo grado condannato a 15 anni e due mesi di reclusione. La Corte d’Appello di Roma ha così disposto per il giovane, difeso dagli avvocati Luca Amedeo Melegari e Lorenzo Magnarelli, anche la scarcerazione, che non avrà però seguito restando lo stesso detenuto per scontare la pena a cui è stato condannato per l’omicidio di Fabio “Bistecca” Buonamano.

A Carmine Ciarelli, ritenuto il leader della famiglia nomade, la pena è stata ridotta di appena sei mesi, da 21 anni di reclusione a 20 e mezzo. A Carmine Di Silvio, detto “Porcellino”, da 17 anni e due mesi a 13 anni e 11 mesi di reclusione. A Vincenzo Falzarano da 13 a 7 anni di reclusione. A Ferdinando “Pupetto” Di Silvio da 4 a 3 anni. A Pasquale Ciarelli da 15 anni a 13 anni e 10 mesi. Ad Antonio “Patatino” Di Silvio, per cui aveva fatto ricorso anche il pm, la pena è stata poi anche aumentata, passando da 6 anni a 7 anni e 4 mesi. Confermata invece l’assoluzione di Antonio Sapurò Di Silvio, che era stata impugnata dal pubblico ministero, e confermate le condanne degli altri imputati: Ferdinando “Furt” Ciarelli a 18 anni e 10 mesi, Antongiorgio Ciarelli a 14 anni e 1 mese, Andrea Pradissitto a 14 anni, Giuseppe “Ciappola” Di Silvio a 13 anni, Mario Esposito a 13 anni, Giuliano papa a 13 anni, Simone Grenga a 13 anni, Gianluca Mattiuzzo a 12 anni, Ferdinando “Macù” Ciarelli a 6 anni e 8 mesi, a Giuseppe “Romolo” Di Silvio a sei anni e mezzo, a Mario Carboni a 6 anni e 5 mesi, a Rosaria Di Silvio a 4 anni e 8 mesi, a Maria Cristina Di Silvio a 4 anni, a Rosaria Ciarelli a 3 anni, a Pasquale Verrengia a 2 anni e 4 mesi, e a Monia Izzo a 2 anni.

Hanno retto dunque, salvo qualche eccezione e salvo l’eclatante assoluzione di “Patatone”, le accuse sia per i presunti boss che per le donne del clan, sia per i presunti “soldati” che per i presunti fiancheggiatori. Un colpo durissimo per le due principali famiglie nomadi stabilitesi a Latina e legate ai Casamonica di Roma. Le motivazioni della sentenza verranno depositate entro 90 giorni e l’ultima partita sicuramente verrà giocata dagli imputati, assistiti tra gli altri dagli avvocati Fabrizio Mercuri, Oreste Palmieri, Gianmarco Conca e Gaetano Marino, in Cassazione.

Il processo “Caronte” è il frutto delle indagini svolte dalla squadra mobile di Latina sulla cosiddetta guerra criminale tra rom e non rom, esplosa il 28 gennaio 2010 nel capoluogo pontino, con l’agguato a Carmine Ciarelli, a cui seguirono subito gli omicidi di Massimiliano Moro e Fabio Buonamano.