La guerra fra poveri all’Ex Enaoli di Formia

Il sito dell’Ex Enaoli di Formia, di proprietà della Regione Lazio, da tempo dismesso e in abbandono, è stato individuato nei mesi scorsi dalle sigle sindacali e da assemblee spontanee di cittadini (come l’associazione “Diamo un calcio alla crisi”), quale soluzione per ridare lavoro alle centinaia di persone che negli ultimi anni lo hanno perso a causa della durissima crisi economica. Numerose le aziende fallite o fortemente ridimensionate, che hanno operato licenziamenti e incrementato la disoccupazione. Così quel sito dismesso, già pronto ad ospitare un concreto progetto di riqualificazione, era la soluzione ideale. Un luogo dove gestire attività di allevamento, coltura, e pratiche didattiche. D’altra parte l’area è vastissima e porta ancora i segni di importanti attività agricole del passato con gli scheletri delle grandi serre a testimoniarne l’operosità di una volta. E infatti rientra sotto la gestione dell’Arsial, che è l’agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio.


Mesi e mesi di progetti, dibattitti e incontri con le istituzioni. Ma niente, forse c’era la volontà ma mancavano i fondi per la riqualificazione. Eppure questo centinaio di persone sono andate avanti determinate. Tuttavia, seppur in attesa, come detto da tempo, che la Regione desse il via libera alla posa della prima pietra del progetto ideato dall’associazione, da una quindicina di giorni circa, forse la Regione o forse il Comune, ancora non è chiaro chi l’abbia deciso, l’area è utilizzata proprio per queste finalità agricole, ma con l’impiego dei rifugiati, provenienti soprattutto dall’Africa, che risiedono da qualche mese in città. Persone che non hanno ovviamente alcuna colpa, se non quella della disperazione e della conseguente fuga dai propri Paesi come sappiamo. E che anzi all’interno di un vasto progetto di riqualificazione e attività produttiva dell’area potrebbero concretamente dare la propria mano.

enaoliIl rischio che intanto si corre però è quello di ingenerare una guerra tra poveri, e non solo visto il clima che si respira riguardo al tema dell’immigrazione, percepita sempre più come una piaga invece che, anzitutto, una responsabilità, una colpa, e poi anche una risorsa. In secondo luogo potrebbe scaturire un senso di ingiustizia, l’ennesimo, perché le istituzioni sembrano aver operato in autonomia senza il coinvolgimento delle parti. A meno che queste persone che sono state trovate lì a lavorare perché ci sono andate da sole, di loro iniziativa. Se così non è stato nessuno, né Regione né Comune, hanno reso noto questo reimpiego se pur transitorio.

E infatti i componenti dell’associazione e alcune sigle sindacali hanno immediatamente predisposto un’assemblea permanente all’interno dell’ex Enaoli a Formia, dove sono poi arrivate le forze dell’ordine. E hanno diramato una nota ufficiale nella quale, pur non facendo cenno alla presenza delle attività svolte dai rifugiati politici, sollecitano la Regione a dare risposte sul progetto che attende da molti mesi ormai senza alcun risultato per le famiglie di queste centinaia di ex lavoratori.