Fondi, medici al lumicino: il pronto soccorso torna a boccheggiare

L'ingresso del pronto soccorso fondano

Passano gli anni, cambiano i governi regionali, si avvicendano i direttori sanitari. Ma spesso e volentieri a certe latitudini si ripropongono i problemi di sempre: i medici disponibili sono sempre meno, e anche per quest’estate il pronto soccorso dell’ospedale di Fondi rischia il collasso.

Situazione che sta portando nuovamente il servizio a navigare a vista, e palesatasi da mercoledì, in concomitanza con una comunicazione orale attraverso cui i responsabili dell’Azienda sanitaria hanno annunciato un’immediata riorganizzazione: dai cinque camici bianchi finora impegnati nella staffetta per reggere le redini del pronto soccorso della Piana, si è passati a tre sole unità. Restringimento riconducibile in un caso a ferie arretrate, e più in generale ad un’annosa, nota carenza di personale. Con una disposizione dello stesso tenore che in questi giorni si è peraltro registrata anche nel vicino nosocomio di Terracina: per il pronto soccorso del “Fiorini”, fino a nuove disposizioni, dalla bellezza di dodici la rosa dei medici di guardia attualmente arruolabili per il servizio è scesa a sette. Uno stato di cose che – non servirebbe nemmeno sottolinearlo – mal si concilia col periodo estivo e l’annesso boom di utenti in caso di necessità avviati verso le strutture ospedaliere della zona. Strutture che di fronte alle decine di accessi giornalieri dei mesi più caldi già a ranghi completi riescono a destreggiarsi a stento.


Gli effetti del personale del pronto soccorso periodicamente ridotto all’osso? Nel tempo, di volta in volta, sotto gli occhi di tutti. Pure perché a più riprese divenuti oggetto di cronaca. Servizio in costante debito d’ossigeno, a volte vicino al blocco. Utenti preda di crisi di nervi. Operatori sanitari “superstiti” costretti a portare avanti la baracca con turni massacranti, fino ad arrivare ad accusare dei malori. Oppure – quando non ci hanno pensato gli utenti – pronti a chiamare loro stessi le forze dell’ordine per far “certificare” situazioni insostenibili, a maggior ragione considerando la delicatezza del contesto. Alla luce delle ultime disposizioni e della mancata predisposizione di misure alternative, per evitare disagi con il servizio e blocchi dall’Asl hanno “consigliato” ai camici bianchi di far ricorso all’“Alpi”, la libera professione intramuraria allargata. Possibile soluzione che però sembrerebbe non tener conto di due particolari tutt’altro che trascurabili: l’ugualmente inevitabile logorio psicofisico di chi è costretto a turni infiniti, ed il fatto che, finora, le ore in più fatichino ad essere pagate.