Annullata l’interdittiva antimafia emessa a carico della Loas

Annullata l’interdittiva antimafia emessa il 6 ottobre scorso dal prefetto di Latina nei confronti della Loas spa, l’azienda di recupero rifiuti di via dei Giardini, ad Aprilia, andata a fuoco il 9 agosto scorso.

Il Tar di Latina ha accolto il ricorso della società contro il provvedimento con cui la Prefettura di Latina aveva rigettato l’istanza presentata dall’azienda ai fini del rinnovo dell’iscrizione nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa, che come precisato dallo stesso prefetto ha lo stesso valore dell’interdittiva.


La Loas, tramite gli avvocati Roberto D’Amico e Giovanni Malinconico, ha sostenuto che non vi erano i presupposti per l’applicazione della misura.

I due legali hanno evidenziato in particolare che il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, per cui uno dei soci al 50% della spa, Antonio Martino, coinvolto nell’inchiesta della Dda di Roma sulla cosiddetta cava dei veleni ad Aprilia, ha patteggiato la pena, è tra quelli per cui sono previsti determinati provvedimenti soltanto quando rappresenta lo scopo di un’associazione per delinquere.

Una tesi accolta dai giudici.

Il Tar ha infatti specificato che l’imprenditore è stato condannato per i reati commessi in concorso di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti e inquinamento ambientale, ma non anche per il reato di associazione per delinquere.

“Il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato – si legge nella sentenza – in quanto coglie nel segno il primo motivo di impugnazione con cui si deduce che la fattispecie criminosa rilevante ai fini del rifiuto alla iscrizione non è lo specifico reato ambientale previsto dall’art. 452-quaterdecies c.p., ma il reato di associazione per delinquere previsto e punito dall’art. 416 c.p., quando sia commesso con il fine specifico di realizzare, tra gli altri, il reato ambientale in questione che assume dunque, nella struttura del reato associativo, la funzione di reato fine”.