Enrico Forte e la possibile “scissione” del Pd. L’intervista post urne

Enrico Forte

Enrico Maria Forteconsigliere regionale e comunale Pd, da anni alter ego del fu sentore Claudio Moscardelli che del Pd è l’anima maggioritaria. Fedelissimo di Moscardelli è Salvatore La Penna, segretario provinciale Pd e da pochi mesi anche collega di consiglio regionale di Enrico Forte. Forte e Moscardelli sono in guerra da anni, da così tanto tempo che forse non lo ricordano nemmeno loro perché si combattono. Ed è uno scontro lacerante, fatto di sgambetti in momenti cruciali e di sospetti. Enrico Forte era il candidato alla carica di sindaco del capoluogo nel 2016 quando la macchina da guerra civica di Lbc non si era ancora rivelata capace di asfaltare con il 75% dei consensi Fratelli d’Italia e Nicola Calandrini al ballottaggio. Doveva essere lui l’uomo che avrebbe sfidato l’egemonia del centrodestra a Latina. Lui a guidare la carica. Ma da anni Forte è il primo nome di una lunga lista di “eretici” alla linea moscardelliana e in molti sospettano che il tonfo al primo turno di Forte sarebbe stato causato oltre da una campagna elettorale non propriamente azzeccata nei toni, anche da uno sgambetto alle spalle dei suoi compagni moscardelliani. Oggi Enrico Forte commenta con toni ironici e allo stesso tempo roboanti la sconfitta del Pd alle comunali.

Che opinione si è fatto di questa sconfitta?


Guardi, le basterebbe prendere tutti insieme i voti del Pd nei principali comuni per avere il quadro desolante nel quale ci troviamo. Un risultato deludente visto anche il quadro regionale. Con questo risultato ci stiamo condannando alla totale irrilevanza politica. Sarebbe ora di aprire una fase nuova, anche di condivisione tra le parti e una riflessione sulle politiche sul nostro territorio altrimenti saremo sempre più marginali, fino alla totale morte della nostra attività politica.

Quando dice un cambio di passo pensa principalmente alla segreteria provinciale giusto?

Penso soprattutto a delle riflessioni e delle discussioni, visto che non ne abbiamo avuto modo prima delle elezioni in merito alle alleanze e le strategie da seguire. C’è bisogno di fare una discussione molto franca, è arrivata l’ora delle scelte condivise, altrimenti credo che si vada incontro ad una inevitabile e definitiva diaspora nel partito

Le diaspore sono tutt’altro che nuove in casa Pd. Perché questa dovrebbe essere diversa dalle altre?

Perché sancirà la scelta da parte di alcuni di noi di restare in qualche modo nell’alveo del Pd ragionando però su altre forme di organizzazione. Non so tecnicamente come si possa arrivare a questo, come funzionerebbe questa nuova forma organizzativa ma non si può più andare avanti così. Gli interessi personali devono essere lasciati da parte.

E’ ipotesi di stampa che Salvatore La Penna potrebbe lasciare la segreteria del Pd e passare la mano a Claudio Moscardelli che ora non ha cariche elettive. Lei come vede questo passare la mano – per quanto ipotetico –  tra questi due esponenti?

Francamente non credo sia possibile che ci sia la possibilità di vedere La Penna e Moscardelli che si passano la mano poiché le loro mani sono sempre strette le une alle altre. Quindi non è possibile. Mi pare che praticamente camminino mano per la mano, quindi non riesco ad immaginarmi la scena. Battute a parte, si possono pure lasciare da parte i nomi adesso perché sbaglia chi pensa che si possano anteporre i nomi alle funzioni della politica. Ma se non faremo qualcosa, senza ombra di dubbio si arriverà ad una marginalità inevitabile.