Le confische alla “sentinella” del clan in terra pontina scivolano sull’incompetenza territoriale

Scongelato il patrimonio confiscato alla presunta “sentinella” della camorra di Secondigliano a Terracina, Eduardo Marano, ritenuto affiliato al potente clan Licciardi e per questo condannato in primo grado. Un patrimonio oggetto di un sequestro milionario, quello del 58enne imprenditore e dei familiari, appena tornato indietro grazie a un cavillo legale. Per una questione di confini e di sottigliezze abitative, in sostanza: per i giudici in virtù del suo legame con la criminalità organizzata ha dimostrato di essere socialmente pericoloso in Campania, ma non in provincia di Latina. E quindi, anziché le toghe pontine, nei suoi confronti avrebbero dovuto muoversi quelle partenopee.

Il Tribunale di Latina

A dirlo, la quarta sezione penale della Corte di Appello di Roma, che nei giorni scorsi ha annullato la misura di prevenzione personale e patrimoniale nei confronti di Marano, della moglie Patrizia Licciardi, casalinga, e della figlia della 27enne figlia coppia, disponendo la restituzione dei beni finora sotto sigilli e la revoca della sorveglianza speciale. Al centro del dissequestro una villa all’ombra del Tempo di Giove e alcuni appartamenti a Napoli, nonché conti correnti, liquidità e mezzi, per un valore complessivo stimato in quasi 2 milioni di euro, all’epoca della confisca, applicata nel 2017 dietro disposizione del Tribunale di Latina. Decisivo, per l’annullamento delle misure finora gravanti, l’accoglimento delle istanze avanzate dall’avvocato Giuseppe Lauretti, subentrato ad un collega napoletano in occasione dell’Appello. Che ha visto sollevare la questione dell’incompetenza territoriale, eccezione accolta pienamente dalla Corte. A riguardo, la sezione presieduta dal giudice Alfredo Mantovano ha citato un “orientamento consolidato” della Cassazione. Una sequela di sentenze. Una del 2014: “Nel procedimento di prevenzione la competenza territoriale si radica – in stretta correlazione con il criterio dell’attualità della pericolosità sociale – nel luogo in cui, al momento della decisione, la pericolosità si manifesti e, nel caso in cui tali manifestazioni siano plurime e si verifichino in luoghi diversi, là dove le condotte di tipo qualificato appaiano di maggiore spessore e rilevanza”. Una del 2010: “La competenza per territorio a decidere in materia di misure di prevenzione spetta al tribunale del capoluogo della provincia nella quale il proposto ha la sua dimora la quale, anche se non coincidente con la residenza anagrafica, va individuata nel luogo in cui il preposto ha tenuto comportamenti sintomatici idonei a lasciar desumere la sua pericolosità”. Soprattutto quando, come nel caso Marano, il riferimento territoriale è al luogo in cui “si trova il centro organizzativo e decisionale del gruppo criminale, in quanto luogo di manifestazione della capacità di intimidazione del gruppo medesimo”, hanno poi sottolineato gli ermellini in un’altra sentenza del 2014.


L’avvocato Lauretti

Sulla scorta di queste pronunce della Suprema Corte, quadro pacifico, per la Corte di Appello: “Marano è stato qualificato come appartenente al clan camorristico Licciardi di Secondigliano, associazione mafiosa dedita, fra l’altro, al gioco del lotto e del toto clandestini. Essa opera incontestabilmente nel territorio di Napoli; le condotte illecite poste a carico di Marano quali rivelative della sua pericolosità sociale sono state realizzate in larga parte nel territorio della provincia partenopea. Gli stessi beni immobili indicati come provento dell’attività qualificata come di tipo mafioso ricadono in larga parte in quell’area (…): la circostanza della dimora di Marano per un tempo circoscritto a Terracina (oltre dieci anni, ndr) non incide ai fini dello spostamento della competenza”. Serie di considerazioni a cui è appunto seguito l’annullamento delle misure applicate l’anno scorso dal Tribunale di Latina e la restituzione dei beni. Soddisfatto il difensore di Marano, specialista in misure patrimoniali di prevenzione: nel tempo Lauretti ha infatti assistito diversi nomi quantomeno chiacchierati oggetto di sequestri e confische. Dai D’Alterio, famiglia di autotrasportatori fondani in ambito Mof, al cosiddetto re del pesce Johnny Micalusi, passando per l’immobiliarista Michele Minale. Riuscendo sempre a spuntarla. Tra un’impugnazione e un cavillo.