I PESCATORI DEL BASSO LAZIO SCRIVONO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO

I pescatori del compartimento marittimo di Gaeta scrivono al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulla crisi del comparto ittico in Italia e in particolare sul loro Compartimento Marittimo di appartenenza. La lettera, condivisa dai pescatori di Golfo e isole fino a Terracina e contente le proposte per la riunione di venerdì 27 gennaio presso la DG Pesca a Roma, è indirizzata inoltre al ministro per le Politiche Agricole Mario Catania, al commissario Europeo alla Pesca Maria Damanaki, alla direzione Generale della Pesca e dell’Acquacoltura nella persona di Francesco Saverio Abbate, al presidente della Regione Lazio Renata Polverini, al sindaco del Comune di Gaeta Anthony Raimondi, al sindaco del Comune di Formia Michele Forte, al comandante della Guardia Costiera di Gaeta Francesco Tomas, al presidente della Commissione Finanze della Camera dei Deputati Gianfranco Conte.

“In data odierna molti pescatori del Compartimento Marittimo di Gaeta sono rimasti in porto per manifestare il malumore che da mesi serpeggia sulle banchine e nelle famiglie, sempre più in crisi a causa dell’indifferenza e della superficialità con cui alcuni Enti Pubblici recepiscono le loro istanze, lasciandole nella maggior parte dei casi “lettera morta”.


Non c’è mai stata una linea diretta tra noi e chi avrebbe dovuto rappresentarci, e oggi abbiamo paura per il futuro dei nostri figli. Ci auguriamo pertanto che la UE intervenga, anche utilizzando i fondi del FSE, Fondo Sociale Europeo per portarci per mano fuori da questo baratro. Quello che comunichiamo in questa nota non rappresenta altro che una proposta di valutazione, un invito alla Commissario Damanaki e al Ministro Catania di valutare con noi queste proposte, partecipando direttamente, o attraverso persone di fiducia a ciò delegate, al fine di modificare le norme che, come la patente a punti, le taglie minime e il caro gasolio, stanno decimando il comparto in Italia.

La licenza a punti risulta essere diventata una scure che annienterà la pesca professionale. Andare per mare, da una parte con la paura di non riuscire a sbarcare la giornata, e dall’altra con l’idea di essere considerati dei pirati, è diventato impossibile. E’ indubbio che oggi sono i pescatori a pagare per gli errori del passato! Sarebbe necessario un periodo di accompagnamento e di valutazione della situazione in cui si trovano le imprese di pesca oggi : costi del carburante, fermo biologico troppo spesso inutile perché attuato in periodi non idonei, reperimento dei fondi per la demolizione, prepensionamento grazie al riconoscimento della pesca quale lavoro usurante. E tanti pescatori si chiedono: dove erano e dove sono le associazioni e gli Enti che avrebbero dovuto rappresentarci e tutelarci? Il budget proposto del FEAMP, che sostituirà l’attuale Fondo europeo per la pesca (FEP) e vari altri strumenti, ammonta a 6,5 miliardi di euro per il periodo 2014-2020.

Secondo quello che abbiamo recepito dalle comunicazioni e dalla stampa, saranno la pesca artigianale e l’acquacoltura a trarre beneficio dalla maggiore attenzione riservata alle questioni ambientali nello stanziamento dei fondi di bilancio della politica comune della pesca. E’ indispensabile, pertanto la presentazione di un piano per la riqualificazione della costa e un programma di gestione delle risorse che parta da chi oggi sta affrontando le maggiori difficoltà subentrate con l’applicazione del regolamento comunitario. Per fare questo non si può semplicemente delegare la categoria, ma è necessario utilizzare la conoscenza e l’esperienza dei pescatori e valutare i loro suggerimenti al fine di riformulare un nuovo piano di gestione della risorsa MARE.

La crisi economica si riflette sul comparto ittico che soffre da tempo per una situazione di difficoltà legata alle restrizioni sullo sforzo di pesca, alle nuove norme europee e al caro gasolio. Dati alla mano negli ultimi dieci anni il settore della pesca italiana ha registrato un calo della produttività pari al 48,8 %, una riduzione del fatturato pari al 31% e un crollo dei livelli occupazionali. La situazione nel Compartimento marittimo di Gaeta non è migliore! La realtà socio-economica della pesca professionale in Italia è sull’orlo del collasso.

Siamo passati da un sistema quasi completamente di tipo assistenziale, alle novità introdotte dal Regolamento UE nel 2010, alla riforma della licenza di pesca a punti entrata a regime il primo gennaio 2012, per terminare con un modello autoregolamentato di gestione delle risorse alieutiche che passi anche attraverso i GAC, Gruppi di Azione Costiera. Il finanziamento per la dismissione delle draghe idrauliche ( turbosoffianti ), utilizzate per la pesca delle vongole e dei cannolicchi, e quello per il ritiro delle reti derivanti per la pesca del pesce spada, non ha però creato nuova occupazione. Al contrario, in realtà quali ad esempio le isole minori e il sud Italia, vedi Ponza e Bagnara Calabra ad esempio, l’eliminazione di questo tipo di lavoro, ha allontanato i giovani dal mare e dalla pesca.

Accanto alla tutela della risorsa non è stato previsto un piano idoneo di mantenimento dei livelli occupazionali e di sburocratizzazione atto a favorire la riconversione della pesca e la gestione responsabile delle risorse.

Il pescatore è irrimediabilmente in mezzo, stretto in una morsa tra alcune associazioni ambientaliste che li accusano di predare il mare, e un ministero che nel corso degli anni ha rilasciato autorizzazioni per la pesca sperimentale del pesce azzurro, autorizzato fermi biologici volontari, finanziato progetti particolari, ecc..

Oggi che la CE chiede il conto, ancora una volta sono i pescatori a pagare il prezzo più alto, e non certamente quella parte della ricerca che ha autorizzato l’aumento e la diminuzione dello sforzo di pesca in alcuni compartimenti.

Chi avrebbe dovuto presentare i piani di gestione entro i termini? E chi deve monitorare il rilascio di nuove autorizzazioni che hanno aumentato lo sforzo di pesca?
Le nostre proposte sono queste:

• Verificare l’applicazione della patente a punti, evitando che dopo investimenti di centinaia di migliaia di euro un’impresa possa “cessare”;
• Effettuare una sperimentazione nel Compartimento di Gaeta per verificare se effettivamente le taglie indicate dalla UE corrispondono a specie mature e pronte per la riproduzione e destinate alla cattura o meno;
• Chiediamo di rivedere, invitandovi a partecipare a una battuta di pesca, ripristinando il limite della pesca entro 1,5 miglia dalla costa e dei 50 metri di profondità , considerando le peculiarità del nostro litorale;
• Prevedere misure integrative sociali, fiscali o previdenziali, utili alla compensazione per l’aumento del prezzo del gasolio, che nella pesca è fondamentale per svolgere l’attività;
• Organizzare il fermo biologico per aree di interesse e in periodi concordati con le marinerie, nel rispetto degli areali e delle consuetudini;
• Riconoscimento della pesca professionale quale lavoro usurante;
• Tassazione forfetaria, come per il regime agricolo, anche per la pesca, basando ad esempio il calcolo dell’imposta su degli indici di redditività. Questo permetterebbe di ottenere la massima trasparenza, come accade in altri Paesi della UE ed extra UE;
• Partecipazione diretta ai GAC da parte dei pescatori;
• Riconoscimento delle Associazioni Regionali e Interregionali di pescatori professionali, pur se non aderenti ad alcuna delle Associazioni riconosciute dal Ministero, quando rappresentino almeno il 50 % delle unità di pesca iscritte in ciascun compartimento marittimo;
• Prevedere misure di interesse specifico per le isole minori, come ad esempio Ponza dove alla riconversione delle spadare non ha fatto seguito alcun piano reale e concreto di modifica del sistema e delle unità da pesca;
• Pubblicare al più presto il decreto attuativo su pescaturismo e ittiturismo, attività che dal 1997 avrebbero dovuto integrare l’attività della pesca professionale, sostenendo al contempo la diminuzione dello sforzo di pesca;
• Integrare la pesca professionale con contratti per i giovani, quali l’apprendistato e i finanziamenti a favore dei giovani agricoltori;
• E’ auspicabile da tutte le marinerie, che gli adeguamenti delle strumentazioni di bordo, così come richiesto nelle ultime circolari, avvenga con una deroga tale da permetterci di seguire tutti gli adempimenti senza ritrovarci addosso le pressioni delle Autorità di controllo e vedere accavallarsi anche le scadenze finanziarie e amministrative, siano esse familiari o proprie dell’impresa di pesca, e che quindi siano finanziate dai Ministeri competenti;
• E’ necessario e improrogabile dare priorità nella liquidazione delle pratiche di demolizione a quelle famiglie che hanno avuto i propri familiari/armatori vittime sul lavoro in mare.

Lo sbarco da parte dei marittimi è in corso proprio in queste ore. E’ la evidente dimostrazione dello stato di crisi in cui verte il comparto. Ci riserviamo comunque di proseguire nella contestazione pacifica qualora non venissimo interpellati da coloro i quali sono delegati a decidere del futuro nostro e dei nostri figli.

Per la stima e il rispetto che nutriamo per il Comandante della Guardia Costiera di Gaeta, Francesco Tomas, lo preghiamo di farsi Nostro portavoce presso gli Enti e le Autorità in indirizzo per eventuali comunicazioni al riguardo”.