Il “Paguro” Altissimi, la discarica di Borgo Montello e le buche della politica

Fabio Altissimi

Il Paguro Bernardo è quell’animale che per sopravvivere scandaglia i fondali marini alla ricerca di una conchiglia in cui fare la sua casa. La Paguro S.r.l, invece, è quella società che dai tempi della recente polemica sul progetto di una discarica ad Aprilia in località La Cogna, sulla quale sono state poste obbiezioni importanti, è in cerca di una buca per proseguire e completare la sua attività di trattamento rifiuti. Un lavoro che parte dall’impianto di trattamento biologico/meccanico della Rida Ambiente di Fabio Altissimi e che si dovrebbe concludere in una discarica vicina alla sua azienda. Quella che sta cercando di scavare la società Paguro, appunto, detenuta anche dalla moglie del patron di Rida, Cristina Meloni. Ma non potendo confidare sulla buca della Cogna, la Rida Ambiente potrebbe puntare su Latina, per la precisione sulla Ecoambiente di Borgo Montello, che dopo il fallimento della società di raccolta rifiuti del capoluogo Latina Ambiente, ha perso i detentori pubblici e privati delle sue quote societarie che erano di maggioranza, il 51% ad essere esatti. Quote che sono in vendita al miglior offerente presso il Tribunale Fallimentare e per le quali la Paguro è disposta a sborsare 2,5 milioni di euro. Al momento è stata l’unica offerta che però è ben superiore al previsto. L’offerta minima infatti sarebbe stata di 1,9 milioni ma la Paguro punta in alto, forse per schermarsi da possibili rilanci. Eppure, discariche a parte, la Ecoambiente non sembrerebbe essere proprio l’azienda ideale da andare a rilevare. In dotazione, oltre a diversi siti problematici (per usare un eufemismo) come gli invasi da bonificare (a cominciare dal famigerato “S0”), anche diversi guai con i terreni, in parte sequestrati al reale proprietario, tale De Pierro (la Ecomabiente poggia su terreni in affitto effettivamente) e un bouquet societario di minoranza che ricomprende oltre ad Angelo Deodati, ex presidente del Latina Calcio negli anni 90 e taluni altri nomi riconducibili a quello che è stato l’asso pigliatutto del mercato dei rifiuti laziali, ovvero Manlio Cerroni.

Manlio Cerroni

Difficile immaginare il panorama che si prospetterebbe nel caso l’operazione vada in porto. Come pure è difficile fare scenari in una società composta da due personaggi che nel più grande processo nel mondo del trattamento rifiuti italiano  (“Cerronopoli”) vede da una parte l’accusato, ovvero Cerroni e i suoi (soci di minoranza) e dall’altra l’accusatore in quel processo, Altissimi, seppure con le sembianze della società Paguro, sempre in caccia di una buca nella quale chiudere il suo ciclo dei rifiuti e smaltire i sovvalli dei suoi impianti. Perché il personaggio sarà pure controverso, ma nella sua biografia molto spesso ci si dimentica di aggiungere che è stato anche lui a portare in tribunale Manlio Cerroni e non certo le ispirate inchieste di brillanti giornalisti locali o gli statisti de noantri di provincia. Eppure quella stessa persona vuole rilevare una società in compagnia del suo arci-nemico e altri soci che – tuona Altissimi nei comunicati stampa – “hanno anche avuto l’interdittivia antimafia”.


Ma allora perché lo sta facendo? Forse lui vi dirà che la vocazione della sua azienda è il servizio pubblico e lui a quello tiene. Altri diranno che lo sta facendo per puro interesse, ci sarà qualcuno perfino disposto a sfoderare l’arma della calunnia. Ma perché lo abbia fatto sfugge forse alle logiche di chi sta con i piedi per terra. Quando una storia non ha senso, segui i soldi, dice l’antico adagio di chi fa inchiesta, e qui di soldi ce ne sono in ballo, e anche tanti. Perché di questo business da quasi 100mila tonnellate l’anno, ogni logica salta e fare scenari diventa un gioco d’azzardo, anche a costo di vedere strane congiunture, di non comprendere bene cosa si muove dietro i numeri da capogiro di questo mercato. In effetti la soluzione all’arcano mistero sembra essere semplice e non bisogna interrogare cissà chi per scoprirla, basta rileggersi lo stesso Altissimi, che nel 2016 davanti alla commissione parlamentare contro le ecomafie riunita per ascoltare la sua deposizione aveva detto: “La Rida Ambiente si trova davanti a un vicolo cieco, quello delle discariche. La Regione Lazio avrebbe dovuto adempiere come è tenuta a fare dal piano regionale e come imposto dal Tribunale amministrativo, fornendo una discarica di prossimità ma non l’ha fatto”. E così era nato (e poi defunto) il progetto della discarica della Paguro ad Aprilia, costretto in questo vicolo cieco a vagare alla ricerca di un’altra buca dove chiudere il suo ciclo. Un problema che altri imprenditori non hanno avuto in passato ma che si presenta ora.

La discarica di Borgo Montello

A quanto pare, almeno sul piano delle necessità, qualcuno con le idee chiare sembra essere proprio Altissimi, che se tra 10 giorni vincerà quest’asta dovrà cacciare 2,5 milioni più le tasse, più altri 4 milioni per ricapitalizzare la boccheggiante società di Borgo Montello. E a quel punto anche i cittadini di Montello, tanti o pochi che siano, avranno di fronte un nuovo scenario, il più sgradito: dopo le tante belle parole si concluderanno con un nulla di fatto e si ricomincerà a scavare e le discariche torneranno lì dove non se ne erano mai veramente andate, con buona pace di Coletta&Lessio, se non riusciranno a fermarlo. E se tutto andrà come spera il patron della Rida, il Paguro Altissimi avrà trovato una buca in cui chiudere il suo ciclo dei rifiuti. Con mille grazie a chi, in tutti questi anni, avrebbe dovuto regolamentare questo mercato e invece non ha fatto nulla. Lasciando mille buchi aperti nella legge e nei terreni, come tante conchiglie vuote in attesa di qualche paguro che se le venga a pigliare.