FOTO e VIDEO – La storia di Fondi si scopre in epoca pre romana

Com’è arrivato un elegante frammento di alabastron giallo e blu dall’oriente al sito di Pianara? Possibile che, già prima della realizzazione dell’Appia Antica, sulle colline a sud est della città, fosse presente un importante insediamento? Ci sono i presupposti per retrodatare le origini storiche di Fondi?

Sono alcune delle domande a cui il gruppo di studi guidato dal professor Massimiliano Di Fazio, docente di archeologia dell’Italia preromana presso l’Università di Pavia nonché ex direttore del Museo civico archeologico ubicato all’interno del Castello Caetani, proverà a rispondere assieme
al professor Edoardo Vanni, docente presso l’Università per Stranieri di Siena e ai dottorandi Elena Marazzi (Università di Pavia) e Federico Saccoccio (Università di Pisa).


Tra tegole in quantità e frammenti di utensili di vita quotidiana saranno necessari mesi per elaborare una relazione dettagliata e fornire risposte argomentate.

Tra tante teorie e ipotesi però, gli studiosi non hanno dubbi: il ritrovamento di un frammento di alabastron di epoca preromana avvenuto le scorse settimane durante i recenti scavi archeologici presso il sito di Pianara è un elemento straordinario nella storia del Basso Lazio.
I dettagli sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta questa mattina presso l’aula consiliare “Luigi Einaudi” alla presenza del professor Massimiliano Di Fazio, del sindaco di Fondi Beniamino Maschietto e degli assessori Vincenzo Carnevale e Claudio Spagnardi.

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LA CONDIVISIONE SUI SOCIAL DEL PROF. DI FAZIO

Dalla porta semiaperta della mia stanza nel casale in cui siamo (sontuosamente) alloggiati entra un fascio di luce mattutina. Dietro la luce intravedo le colline del circondario di Fondi, e tra queste l’altura che ci ha ‘sopportati’ nelle ultime tre settimane. Siamo alla fine di un periodo di scavo davvero sorprendente. Quasi vent’anni fa, quando misi piede per la prima volta a Pianara, rimasi ovviamente impressionato dalla potenza delle mura, dalla loro semplice robustezza, dall’ampiezza dei tratti conservati. E ricordo lo stupore nel constatare che la posizione di quell’insediamento era davvero strategica, a controllo di due versanti chiave per le vicende storiche del Lazio meridionale nella fase della ‘romanizzazione’. Ma non avrei mai immaginato che quell’altura così essenziale e affilata, col suo calcare bianco e tagliente a vista, potesse riservare sorprese come quelle che abbiamo messo in luce in queste tre settimane. Ovviamente si tratta di risultati che andranno studiati, analizzati, compresi. Ma già un primo sguardo offre elementi di grande interesse.

In estrema sintesi, oltre alla fortificazione, il pianoro ospitava almeno un ambiente realizzato con un basamento in blocchi calcarei e un tetto, di cui abbiamo recuperato tegole e coppi in quantità. Tegole che si presentano molto diverse per fattura rispetto a quelle tardorepubblicane che sono diffuse in tutta la Piana di Fondi. Ma oltre alle tegole, abbiamo recuperato anche la croce e delizia dell’archeologo: ceramica. La cosa bella è che abbiamo una scala che -direi- rappresenta l’uomo nella sua interezza di homo socialis. Ceramica da cucina, di uso quotidiano, per i bisogni elementari di produzione del cibo; vernice nera, più fine, per la socialità del bere e del mangiare insieme; e un pezzo incredibile, che ci ha lasciati stupiti: un frammento di aryballos in pasta vitrea, di quegli oggetti destinati a contenere profumi e unguenti, a rappresentare le esigenze del superfluo, del bello, del lusso.

What next? Due cose. La prima sarà lo studio matto e disperatissimo di questi reperti per capire meglio la cronologia, che comunque si attesta tra IV e III secolo a.C. Il che vuol dire una documentazione che tocca una fase storica di enorme interesse, quella in cui il preromano e il romano si toccano, si scontrano, si sovrappongono. Una fase che per il territorio di Fondi era nota solo dalle fonti letterarie, Livio in primis: il nostro scavo finalmente ci offre l’opportunità di toccare con mano quella fase che conoscevamo solo sulla carta, di vederla trasformarsi in oggetti, dietro i quali c’erano persone in carne e ossa, che vivevano sulla collina di Pianara, cucinavano, mangiavano, avevano oggetti di lusso.

L’altra cosa è la prosecuzione delle indagini. Non è pensabile lasciare così. Il pianoro va indagato, fino in fondo. L’ambiente che abbiamo intercettato non poteva essere isolato, devono essercene altri. Questo vuol dire che nei prossimi anni potremmo arrivare a riscrivere una bella pagina di storia del territorio di Fondi e del Lazio meridionale.

Grazie a chi ci ha supportato. Archeologia Diffusa – ambiente, paesaggi, società che ormai è partner collaudato. Il Comune di Fondi che ha dato un prezioso contributo. Il Parco Naturale Regionale dei Monti Aurunci, coi suoi valorosi guardiaparco e i pick-up che portavano su l’attrezzatura (e ogni tanto pure noi!). Grazie ai ragazzi che hanno sudato con noi sotto un sole estivo ancora ad ottobre con entusiasmo impagabile. Grazie a tutti quelli che seguono con amore le nostre attività. Seguiteci per sapere come prosegue questa storia.

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