Confermata dal Consiglio di Stato la bocciatura delle autorizzazioni per il noleggio di lettini e ombrelloni sulla spiaggia di Frontone rilasciate nel 2019 dal Comune di Ponza, nell’ambito di un bando relativo ai permessi di quel tipo da concedere in varie zone dell’isola.
Palazzo Spada ha respinto l’appello delle coop San Silverio, Azzurra e L’Alba servizi giovani ponzesi, sostenute dall’ente locale, e avallato così la sentenza con cui il Tar di Latina ha accolto il ricorso delle coop Frontone Village e Gemini e dalla ditta Alfredo De Gaetano, rappresentate dagli avvocati Leonardo Zipoli e Lucio Anelli, che subentreranno così nel noleggio di attrezzature balneari sulla gettonatissima spiaggia dopo che per due anni tali attività sono state gestite dalle appellanti.
Le coop Frontone e Gemini e la ditta De Gaetano hanno sostenuto sin dall’inizio che le tre vincitrici del bando non avevano il deposito attrezzature alla distanza prevista dal bando stesso rispetto all’area utilizzata per il noleggio.
Una tesi accolta dal Tar.
“Non è messo in discussione – hanno specificato i giudici amministrativi di Latina – che le aree indicate dalle aggiudicatarie per il deposito delle attrezzature non sono utilizzabili a causa di provvedimenti giudiziari, barriere apposte dalla Regione e posizionamento di scogliere; né sono effettivamente utilizzate dalle neo concessionarie. Come dedotto dalle ricorrenti e come accertato nel sopralluogo della polizia municipale in data 31 luglio 2019, laddove è fatto rilevare che le cooperative concessionarie utilizzano un’area diversa per il deposito delle attrezzature”.
Ma il Comune di Ponza non sembra essersene curato.
“La circostanza non è stata autonomamente accertata dal SUAP – ha precisato sempre il Tar – che alla richiesta delle attuali ricorrenti di verifica in loco non ha saputo che opporre una mera verifica “virtuale”, fondata unicamente sulle autocertificazioni delle aggiudicatarie e sui dati del sistema informatico demaniale (S.I.D.), che possono essere sufficienti per l’anagrafe tributaria, come afferma il dirigente del SUAP, ma che non possono esimere l’Amministrazione da un accertamento effettivo dei requisiti richiesti alle concorrenti dalle regole di una gara per il rilascio di concessioni di aree del demanio”.
“Il difetto d’istruttoria sul punto e la mancanza della disponibilità effettiva delle aree da deposito da parte delle aggiudicatarie” hanno così portato all’accoglimento del ricorso.
Il Tar, “essendo emerse false dichiarazioni rilasciate dalle aggiudicatarie in ordine al possesso di requisiti richiesti dal disciplinare di gara, quanto alla disponibilità delle zone per deposito attrezzature”, e vista “l’inerzia degli organi amministrativi nella verifica degli stessi”, ha inoltre trasmesso gli atti alla Procura della Repubblica di Cassino “per i possibili accertamenti di competenza”.
Sulla stessa linea il Consiglio di Stato, evidenziando che “è fatto del tutto incontestabile quanto rilevato nella sentenza impugnata, che le aree indicate dalle aggiudicatarie non sono effettivamente utilizzate da queste, secondo quanto riscontrato nel verbale del sopralluogo del 31 luglio 2019 della polizia locale di Ponza, verbale in cui si evidenzia come le Cooperative San Silverio, Alba e Azzurra abbiano in uso come deposito ricoveri diversi da quelli indicati in gara”.
“Va aggiunto a tutto ciò – specificano i giudici di Palazzo Spada – per quanto riguarda le altre due Cooperative appellanti, che con l’ulteriore sopralluogo condotto il 12 luglio 2019 da un graduato dei Carabinieri della Stazione di Ponza, un agente della polizia locale e dal responsabile del Settore Urbanistica e Demanio Marittimo dello stesso Comune e dal quale è scaturito che i percorsi delle aggiudicatarie per raggiungere i depositi erano tutti superiori ai 50 metri richiesti seguendo non una linea retta, ma vie percorribili, addirittura 82,70 m. per la San Silverio; ma ancor più rilevante, risultava che il deposito della San Silverio ricadeva in una zona interdetta, mentre i depositi delle altre due erano situati in zone sopraelevate non accessibili direttamente ed intervallate da proprietà private, una di queste riconducibile alla Sica s.r.l., come evidenziato dalla sentenza del Tribunale di Cassino e dal sopralluogo successivo prima richiamato del 31 luglio 2019. Per cui appare evidente che la gara si è svolta su presupposti del tutto al di fuori della realtà dei fatti e non resta che confermare quanto affermato dal Tribunale amministrativo di Latina”.