“Il rebus dello sviluppo urbanistico di Formia”: lo sguardo di Rifondazione Comunista

Rifondazione Comunista di Formia, circolo “Enzo Simeone”, torna a parlare di urbanistica. 

«Recentemente il comune di Formia ha promosso un convegno sulla Rigenerazione Urbana (R.U.) (L.R. “Norme per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio” entrata in vigore il 19 luglio 2017), alla presenza di dirigenti della regione, esponenti e rappresentanti delle principali categorie del settore. Iniziativa lodevole nel quale si è cercato di mettere la maggior distanza possibile tra questa legge e quella sul piano casa (P.C.), che dal 2009, tra una proroga e l’altra, è scaduto il 1 giugno 2017. Senza portare gli effetti sperati nell’industria edilizia, ragione principale di queste norme. Infatti sullo sfondo sta la crisi del settore dell’edilizia che (fonte ANCE) ha lasciato a terra metà delle imprese e dei lavoratori. Una crisi che ha ragioni strutturali profonde a cui in tutti i modi la politica di destra e sinistra sta cercando di porre rimedio con iniziative che vanno dall’ultra liberista piano casa al socialdemocratico piano di rigenerazione urbana, cercando di incentivare con premialità volumetriche le ristrutturazioni o sostituzioni edilizie. Ottenendo tuttavia risultati molto scarsi. Perché – checché se ne dica – nessuno può negare la somiglianza tra gli articoli 3 e 4 del P.C. e gli articoli 5 e 6 della R.U., con quel limite di ampliamento di 70mq, presente in entrambe le norme. La legge sulla R.U. come il P.C., più che uno strumento per la riqualificazione urbanistica si configura essenzialmente come un provvedimento edilizio, in linea con il Piano casa Polverini/Zingaretti, con alcune differenze (il ruolo dei Comuni) e alcune similitudini specie sul piano urbanistico (e per questo politico). Infatti la legge sulla R.U. diversamente da quella sul P.C. riporta gli interventi edilizi nell’ambito della pianificazione comunale, legandola correttamente alla ristrutturazione urbanistica del territorio da un lato ed alla ristrutturazione edilizia del fabbricato dall’altro. Nel primo caso tentando di porre rimedio agli effetti devastanti del consumo di suolo e del disagio e degrado sociali ed economici. Nel secondo caso cercando di rinnovare un patrimonio edilizio inadeguato dal punto di vista sismico ed energetico. Ormai non si sa più cosa inventare per riattivare l’economia! Si pensi che con il recente Sismabonus è stato consentito ai proprietari di cedere alle imprese l’agevolazione fiscale riconosciuta per i lavori. A questo c’è d’aggiungere il passo importante fatto dalla Regione cercando di snellire le procedure di approvazione degli interventi, rendendole più rapide rispetto a quelle canoniche del PRG. Dunque, se da un lato affascina l’idea di poter mettere mano a deformi comparti urbani fatti di scheletri di cemento, viuzze contorte e scarichi abusivi, per ottenerne zone con fabbricati efficienti, magari scuole, parchi e rispetto della Cenerentola degli standard urbani (che a Formia sono tutti violati). Magari inserendo tra i comparti la ex-Salid e la ex-D’Agostino assurdamente esclusi dall’ultima revisione della variante di PRG. Dall’altro resta il problema di sempre, ovvero la regolazione dei carichi urbanistici nelle aree con nuove cubature come definiti dal PRG (altro fantasma di Formia) che verrebbero alterati dai programmi di Rigenerazione. A cui s’aggiungono le potenziali interferenze negli ambiti d’applicazione tra programmi R.U., Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR), DLgs 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici); nonché con le Norme del PRG e del DM 1444/68 sugli standard urbanistici e – dulcis in fundo – sulle caratteristiche geometriche degli edifici. In questo mare, il Consiglio Comunale è chiamato a deliberare per individuare gli ambiti entro cui porre in atto i programmi di rigenerazione urbana; dovrà inoltre indicare (Art.2): 1) strategie localizzative e di promozione sociale; 2) obiettivi di riqualificazione e sostenibilità ambientale, sociale ed economica; 3) prescrizioni e norme; 4) la quota di alloggi da destinare ad edilizia residenziale pubblica e nel caso di edilizia e/o sociale (su cui controlleremo!). Ultimo ma non meno importante il Consiglio Comunale dovrà regolare (Art. 8) le dotazioni territoriali, nel caso di aumento del carico urbanistico, prevedendo le cessioni al demanio di aree per standard urbanistici; nonché i criteri di monetizzazione. Un lavoro enorme con cui i consiglieri dovranno dimostrare di essere al servizio del pubblico e non invece dei grossi interessi particolari. Vedremo se questo ulteriore intervento produrrà i frutti sperati per le imprese, abbiamo qualche dubbio visto che un anno è passato ed in provincia i comuni che hanno deliberato sul tema si contano sulle dita di una mano. Noi non possiamo che ricordare che l’attuale stato da coma del settore edilizio è dovuto anche ad una politica che ha messo al centro dello sviluppo l’abitazione e dimenticato le fabbriche. Ha lasciato costruire anche abusivamente fabbricati residenziali senza investire su fabbricati industriali ed infrastrutture, illudendo la gente con il miraggio della casa di proprietà. Oggi abbiamo quasi la metà delle abitazioni disabitate, strade, scuole e fabbriche fatiscenti, ed un disagio abitativo da spavento, con sentenze per sfratto in aumento causa l’insostenibilità degli affitti e dei mutui in assenza di lavoro. Un quadro aberrante che rende bene il vero volto del capitalismo che con la sua fame di profitto si mangia i propri figli. Gradiremmo un dibattito pubblico sul tema, che superi l’odiosa emergenza migranti usata ad arte per mascherare una crisi economica che oggi compie il decimo anno».