I titoli di stato italiani sono veramente a rischio default?

L’esplosione dei rendimenti sui titoli di stato italiani delle ultime settimane ha riacceso i riflettori su un paese che tuttora vanta un rapporto debito/Pil superiore al 130% ed ampiamente fuori dai parametri di Maastricht. Se i Governi italiani precedenti avevano concordato con l’Europa piani di rientro del debito credibili, il neonato Governo Conte non pare essere intenzionato a seguire le indicazioni di Bruxelles. Con una manovra di bilancio palesemente in deficit (2.4% di rapporto deficit / Pil è la stima preliminare) viene meno quell’austerità che aveva contraddistinto le precedenti manovre di bilancio.

Tutto questo si è andato a scaricare sulle valutazioni dei titoli di stato italiani, ora costretti a pagare tassi di interesse più elevati per trovare finanziatori sul mercato finanziario internazionale. Moody’s ha già provveduto venerdì a tagliare il rating italiano a Baa3 seppur con prospettiva stabile, ma le valutazioni attualmente incorporate nei prezzi dei titoli di stato italiani appaiono forse eccessivamente pessimistiche ed in linea con emittenti aventi rating BB (quindi non investment grade o junk bond) e non Baa3 quale è il nuovo rating italiano dopo il parere espresso da Moody’s.


Basti pensare che i rendimenti dei bond corporate high yield europei sono in questo momento inferiori ai rendimenti dei titoli di stato italiani, una chiara indicazione di come l’onda speculativa che si è abbattuta sui BTP è stata particolarmente violenta.

Lo stesso spread di rendimento tra il debito italiano e quello spagnolo, portoghese e greco appare poi eccessivamente penalizzante per i titoli italiani. Quasi 200 punti base sui titoli spagnoli, 170 su quelli portoghesi sono numeri che i fondamentali economici non possono spiegare, la speculazione certamente sì.

Lo stesso spread tra titoli di stato greci ed italiani con scadenza decennale si è assottigliato ad appena 66 punti base, un numero obiettivamente troppo compresso se consideriamo lo stato delle due economie e la situazione ancora molto critica nella quale versa lo stato greco ripetutamente salvato negli anni passati dall’Europa.

Il rischio default sui titoli di stato italiani misurato attualmente al 20% dai CDS appare un po’ elevato e forse non tiene conto di condizioni di fondo diverse da quelle che si registrarono durante la crisi greca del 2012 e che tanto hanno scosso tutta l’Europa.

L’intera economia europea è adesso in ripresa, mentre nel 2012 era in recessione. La rete di protezione predisposta dall’Europa e dalla BCE appare decisamente più solida e regolamentata rispetto a ciò che era presente nel 2012, dimostrato anche con una maggiore attenzione per stroncare i tentativi di frode come quelli scoperti a Catanzaro nel 2014. Infine, il debito italiano, seppur elevato rispetto al Pil, non appare insostenibile come quello greco. La paura rimane, ma c’è anche la speranza che le cose si risollevino, visto che gli interessi in gioco sono molti sono solo per l’Italia.

Basterebbe che il Governo gialloverde Di Maio Salvini decidesse di attuare qualche riforma strutturale di contenimento delle spese (come suggerito da Moody’s) per ridimensionare in modo piuttosto netto spread di rendimento inaccettabili alla luce dei fondamentali comunque non così negativi dell’economia italiana.