Ritrovamenti archeologici in via dei Volsci, il Circolo Sel di Terracina: “Patrimonio colpito a morte”

 

Scavi via dei Volsci
Scavi via dei Volsci

La vicenda di Via dei Volsci rappresenta l’ennesima riprova di come la politica terracinese, ed in particolare quella del centro destra degli ultimi anni, risulti essere dannosa e priva di qualunque visione di sviluppo sostenibile della città. Una miopia che assomiglia ad una vera e propria cecità e che ha la pretesa, addirittura, di propagandare come “straordinaria compartecipazione tra pubblico e privato” un operazione dai tratti avvilenti per la storia, l’estetica, l’urbanistica e l’economia cittadina.


A nostro avviso, il decantato progetto storico di via dei Volsci, è solo l’ultimo esempio di una lunga sequela di sfregi subiti dalla città nel tempo, per lo più frutto di scelte politico amministrative che dal dopoguerra ad oggi hanno colpito a morte soprattutto il nostro patrimonio storico e paesaggistico.

Sulla spinta emotiva di ciò che sosteniamo, è bene ricordarne brevemente alcuni esempi:

– lo sviluppo del lungomare terracinese, dove nel dopoguerra si decise “saggiamente” di costruire ville anziché strutture ricettive per il turismo;

– le due Cave, che ormai da decenni hanno mostruosamente sfregiato la nostra skyline, deturpandola inesorabilmente e producendo danni incalcolabili anche al patrimonio naturale;

– il palazzone di via del Porto che, in un solo colpo, distrusse: la bellezza estetica e lo sviluppo del centro storico basso della città; uno dei simboli della terracinesità – lo stadio comunale Matthias Bonaventura –  e, fatto ancor di più inaudita gravità, un porto romano dall’immenso valore storico e simbolico, i cui resti versano nell’incuria e nel degrado più totale.

Scavi via dei Volsci
Scavi via dei Volsci

E se il bilancio pagato da questa città era già altissimo, a renderlo ancor più pesante c’hanno pensato le diverse giunte di centro destra, sotto le quali si è provveduto a compiere, uno dopo l’altro, ulteriori scempi.

Ed allora, anche qui la lista è piena:

– la saggia (diciamo noi) bitumazione di Piazza Cipollata;

– la perdita, a favore del consumismo di un improbabile centro commerciale, di un altro simbolo della storia popolare terracinese, ossia il Cinema Fontana;

– il disastro del Montuno, sventrato prima e ricomposto poi, nel tentativo di costruire un parcheggio utile chissà a chi;

– il degrado di una città, quella alta, ancora oggi abbandonata all’incuria, ai furti di rame e al declino economico. (Si pensi, ad esempio, allo stato di incuria ed abbandono in cui versano il Teatro Romano, Piazza Domitilla, il Purgatorio, San Giovanni, San Francesco, San Domenico, l’Annunziata, la zona dell’Appia Antica).

Innanzi a questo quadro desolante, si innesca anche il progetto suddetto per il quale, prima di esprimere la nostra opinione, riteniamo sia utile fornire ai lettori, seppur in breve, una panoramica pro-veritate dell’intera vicenda.

Ebbene, negli anni 90, e precisamente sotto la consiliatura Recchia, il consiglio comunale di centro sinistra provvide ad approvare il c.d. PPE (Piano Particolareggiato Esecutivo) che, per i meno avvezzi alla materia, consiste in un piano attuativo il cui scopo fondamentale è quello di fornire prescrizioni di dettaglio (tutti gli interventi specifici sulla zona) per l’esecuzione delle direttive inserite nel PRG.

Nel piano approvato dal Consiglio comunale, per la zona in questione (Norme tecniche di Attuazione di PPE – Intervento speciale n. 9), erano previsti diversi interventi tesi a vincolare l’area ad una destinazione esclusivamente pubblica.

Daniele Cervelloni
Daniele Cervelloni

In particolare, si prevedeva di de-localizzare le due stazioni di servizio ancora oggi esistenti, di espropriare ed abbattere la struttura in questione, di costruire un parco archeologico riportando alla luce i resti dell’Appia, di allestire una zona pedonale posta alla quota archeologica e da ultimo, di operare delle modifiche urbanistiche importanti, tra cui la costruzione di un parcheggio interrato a zero impatto estetico e di 400 posti auto, utili a migliorare l’accessibilità dei turisti e dei cittadini alla città alta.

Di fronte a questa scelta amministrativa, chiara, precisa, ambiziosa e a nostro avviso corretta, negli anni susseguenti, e precisamente con l’avvento dell’era di centro destra, si è assistito ad una vero e proprio disinteresse amministrativo verso il progetto.

E come spesso accade quando il pubblico non fa il proprio dovere, si registra l’avanzata della pretesa del privato cittadino il quale, acquistato l’immobile decadente, chiede di poterlo ristrutturare per farlo diventare un supermercato. E qui, la colpa amministrativa.

Dopo aver autorizzato una prima volta i lavori in data 19.06.2006, la seconda consiliatura di centro destra si vedeva costretta a ri-autorizzarli nel 2010 (Del. di Giunta 18.01.2011 n. 18) dopo che i lavori erano stati sospesi nel gennaio del 2007 a seguito di sopralluogo della Soprintendenza che, allertata da un esposto dell’Archeoclub di Terracina, aveva evidenziato delle emergenze storiche inerenti all’antico tracciato dell’Appia. Cosa che, occorre sottolineare, era ampiamente nota a tutti vista l’esistenza di una cartina del “Lugli” che raffigura, esattamente il quel luogo, l’intero tracciato della c.d. via “ad Portum” riutilizzata dai romani per costruire la variante dell’Appia Traianea.

Il contenuto di questo accordo è proprio quello di cui si parla oggi ossia: la concessione del nulla osta alla ristrutturazione a patto che l’imprenditore, a proprie spese, si faccia carico di riportare alla luce i reperti archeologici, di provvedere al loro restauro e conservazione, a rendere l’intera area fruibile al pubblico nonché, a studiare un sistema di copertura e di illuminazione più adeguati alle caratteristiche storiche del sito.

A fronte di tutto ciò, quindi, a noi di SEL non rimane che evidenziare come costruire e decantare l’opera in atto, che poteva e doveva essere costruita lontano da quella zona, equivale ad avallare un sfregio estetico paragonabile alla costruzione di un centro commerciale a ridosso del Colosseo, della Muraglia Cinese, del Partenone o nei pressi delle Piramidi Egizie.

E allora ci domandiamo Sindaco: cosa farà vedere agli ispettori dell’Unesco quando dovranno valutare le credenziali di Terracina? Per caso un centro commerciale edificato sulla via più importante del mondo?”

Non riteniamo accettabile che ci si debba mostrare soddisfatti per aver obbligato un privato imprenditore a garantire la preservazione di un bene storico che appartiene all’umanità, posto tra l’altro in una zona strategica e che doveva essere oggetto di interventi pubblici.

E su questa soluzione non rimaniamo neppure soddisfatti dall’operato della Sovrintendenza la quale, a nostro avviso, ci appare essere stata troppo morbida nel concedere una soluzione comunque alquanto discutibile.

E non ci si dica che non c’erano i soldi perché la Regione e l’Europa, in tal senso, né elargiscono molti.

Lo ribadiamo al fine di fugare ogni possibile tentativo di emulazione futura: non si tratta di una villa romana, di una cisterna o di una parete storica, dove si può tollerare questa partnership, si tratta della Regina Viarum ed il solo accostamento della stessa ad un’opera consumista come quella in allestimento, rende la visione alquanto mortificante!

Peraltro, non è neppure accettabile il silenzio del Sindaco circa il travagliato percorso amministrativo avuto dall’intera vicenda.

A tal proposito, ci sarebbe piaciuto che lo stesso avesse fatto chiarezza sull’intero percorso amministrativo, marcando da un lato, le responsabilità dei partiti, alcuni dei quali ancora nell’attuale maggioranza, e dall’altro, di prendere le distanze dal risultato raggiunto e sperare per il futuro un modo migliore di concepire la tutela dei beni paesaggistici e culturali. Invece riscontriamo che considera ciò “una splendida opportunità”!

Ma come si dice spesso, al peggio non c’è mai fine.

Infatti, accanto alla deturpazione storica ed estetica, si pone anche il disastro urbanistico.

Il PPE nelle sue intenzioni aveva come obiettivo anche quello di organizzare il flusso di traffico nell’area in virtù del fatto che, di li a qualche anno, si sarebbe sviluppato il quartiere Calcatore.

Un progetto di mobilità ambizioso che ad oggi appare del tutto compromesso. Infatti, ci domandiamo, come sarà possibile oggi che il quartiere è sorto e che lo stesso si è aggiunto agli ulteriori punti ricettivi (pubblici, privati ed economici) già esistenti in zona, coniugare la circolazione prodotta da questi punti nella zona di via dei Volsci con un supermercato posizionato proprio nel punto di accesso a tale area?

A questo l’amministrazione non fornisce spiegazioni e ciò, non ci rende tranquilli. Infatti, temiamo che tale silenzio sia dovuto all’assenza di un progetto urbanistico e di mobilità cittadina congeniale all’area interessata ed alla città in generale.

Quindi, Sindaco, invece di fare proclami inutili e del tutto propagandistici, dopo questa triste vicenda si impegni pubblicamente a iniziare un percorso di indirizzo politico cosi come da noi indicato.

Un progetto virtuoso che dovrà portare necessariamente nei prossimi anni: alla scoperta dell’intero tratto dell’Appia Traianea; alla pulizia del canale, sempre più somigliante ad una vera e propria latrina a cielo aperto; alla riqualificazione dell’intero accesso cittadino; al recupero estetico della Rampa Braschi, ormai da anni abbandonata all’incuria; alla creazione di un modello di viabilità che sia più appropriato per una città a vocazione turistica; e soprattutto, allo sradicamento di quella orrenda cultura che intende surrogare il compito del pubblico con quello del privato quando si tratta di valorizzare beni culturali della città.

Da ultimo, le suggeriamo anche di porre un argine al proliferare di centri commerciali visto che nella città ve né è un esubero pazzesco. Un fatto allarmante e che certamente non ci lascia tranquilli per il futuro sviluppo economico cittadino; ma, laddove tale fenomeno non si riesca proprio ad arrestare, invece di continuare ad edificare cemento, le consigliamo di favorire l’utilizzo di strutture pubbliche e private già esistenti in città e possibilmente lontane dal centro storico.

Per il momento, però, noi ci limitiamo solo a riscontrare ciò che vediamo ossia, che nonostante le sue parole di grandi e faraonici progetti, sotto la sua amministrazione si è provveduto a bruciare al “vento nuovo” circa 450 mila Euro della Tassa di soggiorno e ciò, senza che un solo centesimo della stessa fosse destinata alla valorizzazione del patrimonio artistico e storico della città.

Ma d’altronde, si sa: come tutte le politiche delle destre, si pensa a proclamare, apparire e rivendersi successi di dubbio merito mentre, quando c’è bisogno di fare le cose importanti per i propri cittadini, si declina l’invito trincerandosi nella propria megalomane autoreferenzialità nonché sordità politica.

Daniele Cervelloni

Segreteria Circolo di Sinistra Ecologia e Liberta ‘Placido Rizzotto’

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