Omicidio Cerro, il Riesame si riserva. Intanto, nuovi retroscena: l'anziana salvata da uno dei banditi

*Il locale dell'alibi di Guglietta e Taleb*
*Il locale dell’alibi di Guglietta e Taleb*

Il giudice del Tribunale della Libertà di Roma, messe agli atti le memorie difensive, si riserva di decidere. Per conoscere il futuro prossimo di Salvatore Guglietta ed Achour Taleb, bisognerà attendere che vengano depositate le motivazioni: in teoria al massimo un paio di giorni, se arriverà la scarcerazione; una decina, se l’ordinanza di custodia cautelare in carcere venisse confermata.

I due, arrestati con fermo indiziario a poca distanza dall’omicidio di Silvana Cerro, sono comparsi dinanzi al giudice del Riesame intorno alle 10,30 di lunedì, assistiti dagli avvocati Guglielmo Raso, Maurizio Forte ed Amleto Coronella.


Nella documentazione presentata dal pool di legali, si punta soprattutto sull’incompatibilità, in particolare per questioni di orario, delle ricostruzioni dei carabinieri su quanto accaduto quella sera nella palazzina di Fondi e gli alibi che i due indagati avevano fornito: cena a casa della madre di Guglietta – la 78enne Concetta Lauretti, vittima designata della rapina finita male, ferita – e poi a bere in una rivendita alimentari di via Roma, passando per Corso Appio Claudio.

*Lo stabile della tragedia*
*Lo stabile della tragedia*

Altro nodo centrale, stando agli avvocati degli arrestati, quello dell’eventuale insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Contro di loro, con le indagini ancora in corso ed in attesa degli esiti degli esami della scientifica, finora ci sarebbe solo la testimonianza della Lauretti, peraltro anziana: per quanto riguarda Guglietta, il figlio presunto mandante, lo avrebbe collocato sul posto solo perché qualcuno, dall’altra parte del citofono, le aveva detto di essere lui; in relazione a Taleb, la Lauretti spiegava genericamente che uno dei suoi aggressori, quello che l’aveva minacciata col coltello, successivamente identificato come il 43enne marocchino, aveva il volto coperto da un “velo scuro”, in una situazione concitata e contraddistinta da scarsa illuminazione.

La 78enne, inoltre, sarebbe in qualche modo stata condizionata dai preconcetti sul figlio tossicomane e sulle sue frequentazioni, tra le quali appunto Taleb. Da qui, l’eventualità che, in stato di choc, possa aver indicato i due per una sorta di pregiudizio.

*L'avvocato Guglielmo Raso*
*L’avvocato Guglielmo Raso*

“Un ulteriore elemento di incongruenza è poi rappresentato dal fatto che la Lauretti afferma che, nel momento in cui compariva nel suo appartamento l’uomo che avrebbe ucciso la Cerro, incomprensibilmente i due parlavano in italiano”, spiega l’avvocato Raso. Nello specifico, stando ai verbali dei carabinieri, l’assassino avrebbe urlato al complice intento nella rapina, scendendo dal piano superiore, “L’ho ammazzata a quella”, con quest’ultimo che avrebbe risposto “Perché lo hai fatto?”.

“Appare incomprensibile – incalza Raso – che proprio la frase dalla quale la Lauretti poteva capire che era avvenuto un omicidio, venisse pronunciata in italiano, quando nel corso di tutta l’azione i due uomini avevano parlato in lingua straniera”.

Fin qui, i dubbi e i quesiti mossi dagli avvocati della difesa nel tentativo di rimettere in libertà i propri assistiti. Proprio dalle memorie difensive, emerge un particolare inedito della vicenda di sangue. Uno dei banditi penetrati nello stabile ha evitato al complice di uccidere, dopo la Cerro, anche la Lauretti. A dichiararlo, proprio la 78enne in una deposizione.