***video***LATINA: “OPERAZIONE UNDERWOOD”


Nella mattinata la Divisione Anticrimine della Questura di Latina, collaborata dalla Squadra Mobile e coadiuvata dal Reparto Prevenzione Crimine Lazio di Roma, ha dato esecuzione al “decreto di sequestro anticipato”, emesso dal Tribunale di Latina, di un consistente patrimonio di beni immobili, terreni, quote di partecipazioni in società e di tutti i beni per un valore complessivo di circa 30 milioni di euro intestati  al 63 enne Salvatore DI MAIO e a tutto il suo nucleo familiare composto dalla moglie e i suoi tre figli Rosa, Andrea e Francesco,  intestatari di beni e /o titolari di cariche societarie (tra amministratore unico e quote societarie). Contestualmente attività delegate sono state svolte a cura del Commissariato di Terracina e della Squadra Mobile di Lecce nei confronti di soggetti intestatari di immobili oggetto dell’odierno sequestro.

Il provvedimento preventivo è stato adottato sulla base di una proposta di applicazione della “misura di prevenzione personale e patrimoniale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno” depositata dal personale della Divisione Anticrimine della Questura di Latina i primi giorni di settembre, con richiesta di cauzione nonché di  sequestro e  confisca  di tutti  beni  intestati al proposto ed ai suoi congiunti.
Il voluminoso patrimonio sequestrato si concretizza nei seguenti beni e utilità intestati  a Salvatore DI MAIO, Maria Teresa FOGLI, Rosa DI MAIO, Andrea DI MAIO, Francesco DI MAIO nonché di ulteriori “prestanomi”.


Complessivamente si è quindi proceduto al sequestro di 26 immobili, 3 locali e Magazzini, 34 terreni,  7 negozi, 19 Stalle e Scuderie, 7 veicoli e numerose quote societarie per un valore complessivo di 30 milioni di euro circa.

L’attività condotta dagli investigatori della Questura di Latina ha evidenziato in modo univoco l’esistenza di concreti e specifici indizi dai quali si desume che il Di Maio è persona stabilmente dedita ad attività delittuose dalle quali trae anche i mezzi di sostentamento, rientrando quindi a pieno titolo tra i soggetti che  «per il tenore di vita debba ritenersi

Cristiano TATARELLI Dirigente Squadra Mobile di Latina

che vivono, anche in parte, con i proventi di attività delittuose».
Di notevole spessore e’ il profilo criminale del  proposto che annovera numerosi precedenti e condanne.

Già indagato nel ’86 per associazione a delinquere di stampo mafioso su indagini poste in essere sia dai Carabinieri che dalla Polizia di Stato.

Condannato nel 1996 per violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi, pendono a suo carico vari procedimenti penali per estorsione, rapina, riciclaggio, impiego di denaro proveniente da attività illecita  nonchè associazione a delinquere di stampo mafioso.

La notizia del rinvio a giudizio del Di Maio, insieme ad altri 75 imputati, nel  processo dell’Antimafia di Napoli, nel maggio dello scorso anno, ha fatto il giro di tutte le testate giornalistiche pontine. Secondo le indagini portate avanti dalla D.D.A. di Napoli l’imprenditore più in vista della “citta delle dune” – già sottoposto, in passato, alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, poi revocata per vizi di forma – è  accusato di far parte di un’associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata al riciclaggio di denaro sporco nel campo immobiliare e di turbativa d’asta  sempre nel campo dell’acquisto di immobili. Nell’attività illecita sarebbero coinvolti anche i familiari del Di Maio ed altri “prestanomi” che aiuterebbero a “ripulire” il denaro sporco. Prima del rinvio a giudizio, la  D.D.A. di Napoli, nell’estate del 2009, aveva sequestrato numerosi immobili, tra terreni, negozi e appartamenti in provincia di Latina, ma il Riesame fece cadere i sigilli.

Dott.ssa Annabella Cristofaro Dirigente Divisione Anticrimine

Dall’esame della corposa informativa degli investigatori della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, tutto il complesso immobiliare esistente a Sabaudia, Alseno e a Città di Castello sarebbero in realtà del «clan Cava» di Quindici, comune dell’avellinese, una famiglia di camorristi, secondo le accuse, che ha messo radici in Agro Pontino grazie alla fedele collaborazione di due bracci operativi identificati in Cataldo Menichelli e Salvatore Di Maio. Il collegamento diretto tra Di Maio e Cava, secondo gli accertamenti investigativi, sarebbe stato assicurato dal patrimonio immobiliare in piena disponibilità della famiglia avellinese ma intestato alla società “Clama” srl di cui il Di Maio è amministratore unico.

L’imprenditore pontino è inoltre accusato di estorsione, per avere in più occasioni avvicinato partecipanti ad aste immobiliari disposte dal Tribunale di Latina intimando loro di non presentare offerte in rialzo e “convincendoli”, con la forza intimidatrice che gli deriva dall’appartenere ad un sodalizio di stampo mafioso, a desistere dal partecipare alla vendita all’incanto.

Le indagini dell’Antimafia sono continuate tanto che nel novembre scorso, il DI MAIO si è visto  sequestrare da  parte della Guardia di Finanza di Latina e gli agenti del Nipaf cinque locali e relative attività commerciali nel centro storico di Sabaudia, proprio di fronte al municipio: l’edificio in questione è della Regione Lazio ed era stato affittato ad una società in cui la figlia figurava come  amministratore unico, ma dopo la sottoscrizione del contratto i locali sono stati  frazionati abusivamente e affittati a terzi (l’accusa in questa occasione è stata di  mutazione, usurpazione e abusivismo). Pochi giorni fa la magistratura si è pronunciata dissequestrando l’area ed i locali ubicati nella Piazza del Comune ormai da tempo inutilizzati ordinando, però, contemporaneamente il ripristino dello stato dei luoghi , con l’eliminazione di tutti gli abusi.

Nel 2010, pochi giorni prima di ferragosto, ritornano nuovamente i “sigilli” alle case  dei DI MAIO ad opera del Commissariato di Terracina,  coadiuvati dal personale del NIPAF, che hanno sequestrato ben 20 unità immobiliari adibite ad abitazioni sulla Via Litoranea, realizzate su circa 500 metri quadrati. Trattasi di una lottizzazione ben nascosta da piante e capannoni e per cui sono stati necessari accertamenti meticolosi. L’indagine, coordinata dal Sostituto Procuratore Giuseppe Miliano, ha acclarato l’assoluta abusività delle costruzioni. I reati contestati sono l’abusivismo edilizio e violazione dei vincoli paesaggistici per  la vicinanza con l’area protetta.

La proposta di sequestro preventivo de quo muove le fila da tutte queste vicende, ma è soprattutto frutto delle approfondite indagini patrimoniali, finanziarie, catastali, con studio delle dichiarazioni reddituali della “chiacchierata” famiglia pontina, attività confortate da calcoli, comparazioni, confronti di dati con “movimenti finanziari” su vari conti correnti bancari aperti e chiusi in poco tempo, analisi di sistema tra l’attivo a disposizione, il tenore di vita e le ”fonti” di guadagno, il tutto per dimostrare l’esistenza del collegamento con esponenti della criminalità organizzata e la manifesta sproporzione delle consistenze accumulate e quanto dichiarato al fisco.
Il decreto di sequestro preventivo oggi notificato agli interessati dalla Questura di Latina ha avuto compiuta registrazione presso le competenti Camere di Commercio e Agenzie del Territorio.

Il Collegio penale che ha disposto il sequestro ha  fissato la discussione in camera di consiglio della misura della Sorveglianza Speciale per i primi giorni del nuovo anno.