Coltivare la cannabis non è più un reato: ecco quando è legale

La marijuana legale si è ormai diffusa nel nostro Paese in modo legale: questo spiega il motivo per il quale è aumentata in maniera consistente la tendenza a ricorrere a coltivazioni indoor, che hanno preso piede soprattutto tra i consumatori abituali e tra gli assuntori. I provvedimenti più recenti che sono stati adottati dalla legge italiana, infatti, hanno consentito di iniziare ad autoprodurre cannabis, ovviamente a condizione che essa sia destinata a uso personale. Insomma, le coltivazioni cannabis sono lecite, ma solo se si rispettano con la massima attenzione tutte le regole che le rendono legali.

Quando coltivare la cannabis è legale

Le coltivazioni di cannabis rientrano nel perimetro della legge, e dunque sono consentite, solo se si selezionano e si utilizzano dei semi di cannabis certificati di tipo light: per essere chiari, sono quelli che fanno parte delle varietà di marijuana che sono state indicate dal Ministero delle Politiche Agricole nel catalogo comune in base all’articolo 17 della direttiva CE 53 del 2002. In base a queste direttive, è necessario che le varietà di marijuana per essere considerate legali abbiano una concentrazione di THC non superiore allo 0.2%, anche se in realtà è previsto un margine di tolleranza fino allo 0.6%. Rispettando tali limiti, di conseguenza, non si correrà il pericolo di incappare in provvedimenti penali che potrebbero essere previsti nei confronti di chi non rispetta la legge. Nel nostro Paese è possibile coltivare in casa la cannabis a patto che tale pratica sia destinata unicamente a un uso personale e preveda il ricorso a un numero minimo di piante. Il quadro normativo di riferimento da questo punto di vista è rappresentato dalla sentenza del 19 dicembre dello scorso anno della Corte di Cassazione, attraverso la quale è stato dato il la alle attività di coltivazione.


Come si deve coltivare

Si parla, nello specifico, di coltivazioni di dimensioni minime che devono essere effettuate in forma domestica. Esse non sono ritenute in grado di integrare il mercato degli stupefacenti per effetto del numero ridotto di piante, da cui si potrebbe ricavare una quantità di prodotto modesta, e del carattere rudimentale delle tecniche che vengono adottate. Insomma, tutti fattori che mettono in chiaro come si tratti di una produzione finalizzata solo all’uso personale da parte di chi coltiva. In principio, a dir la verità, si erano palesati dei dubbi a proposito della effettiva efficacia drogante che caratterizza le infiorescenze.

Quali sono le sostanze stupefacenti

Si riteneva, infatti, che le infiorescenze prodotte dovessero essere equiparate a delle vere e proprie sostanze stupefacenti, ma la Corte di Cassazione si è espressa in merito in modo chiaro: la coltivazione domestica, in sostanza, è stata esclusa dall’ambito in cui la legge penale si applica, sempre che siano rispettate in modo meticoloso le condizioni evidenziate. Questo tema in passato era stato oggetto di esame anche da parte della Corte Costituzionale, che però aveva ribadito il divieto di coltivare la cannabis: chi fosse stato colto con le mani nel sacco, e cioè sorpreso a violare tale divieto, sarebbe stato perseguito a livello penale, al di là della quantità di principi attivi e del numero di piante.

Il parere della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale, quindi, aveva proibito le coltivazioni a uso personale, ritenendo che tale pratica, riguardando piante da cui si possono estrarre senza difficoltà i principi attivi delle sostanze stupefacenti, doveva essere ritenuta una potenziale minaccia per la salute pubblica, oltre che una benzina preoccupante per lo spaccio.

Cosa ha deciso la Cassazione

La stessa Corte di Cassazione si è resa protagonista di un clamoroso dietrofront: in un primo momento, infatti, aveva condiviso i principi giuridici espressi dalla Consulta, indicando come la coltivazione di marijuana fosse suscettibile di provvedimenti penali in qualunque caso, anche in dosi modeste. Poi è arrivata la sentenza del dicembre 2019 che ha cambiato le carte in tavola. Ciò non toglie, comunque, che debbano sempre essere rispettate le prescrizioni contenute nella Legge 242 del 2016, nella quale vengono indicate tutte le condizioni a cui attenersi per le coltivazioni e le varietà di marijuana che possono essere utilizzate per questo fine. Ora le coltivazioni domestiche di esigue quantità non sono più perseguibili penalmente.