Corruzione e traffico di rifiuti al porto, in aula crollano le accuse

Il deposito Iintergroup al porto commerciale di Gaeta

Una sola condanna e solo per violazione del segreto d’ufficio. Per il resto tutti proscioglimenti per intervenuta prescrizione e assoluzioni nel merito. Si è concluso così il processo svoltosi davanti al Tribunale di Cassino, presieduto dal giudice Massimo Capurso, scaturito dall’inchiesta “Porto Sicuro”, con imputati, a vario titolo, per corruzione, falso e reati ambientali, a partire dal traffico illecito di rifiuti, relativamente a una serie di attività svolte all’interno del porto di Gaeta l’ex dirigente della locale sede dell’Autorità portuale, Franco Spinosa, gli imprenditori Nicola Di Sarno e Andrea Di Grandi.

Un’inchiesta portata avanti dalla Capitaneria di porto di Gaeta, che all’alba del 7 agosto 2015 fece scattare un blitz, puntando il dito sulla presenza sulle banchine del porto di una “collina nera” di 4.500 tonnellate di materiali ferrosi, all’interno della quale, secondo gli inquirenti, si nascondevano 9 tonnellate di rifiuti pericolosi, materiali provenienti dal basso Lazio e dalla Campania e diretti in Turchia.


Al termine della sua requisitoria il pm Alfredo Mattei aveva chiesto la condanna per i quattro imputati a un totale di 16 anni e mezzo di reclusione e maxi sanzioni per le società coinvolte in quello che sarebbe stato un ecobusiness milionario.

Il pubblico ministero aveva chiesto, nello specifico, di condannare l’ex dirigente Spinosa a 7 anni e mezzo di reclusione, l’imprenditore Di Sarno, al timone della società spedizioniera Intergroup, a 6 anni di reclusione, l’imprenditore di Ragusa, intermediario negli affari sotto accusa, Andrea Di Grandi, a un anno e cinque mesi di reclusione.

Il pm aveva inoltre chiesto di condannare al pagamento di una sanzione amministrativa pari a 700 quote, corrispondenti a 630mila euro, e alla confisca del profitto del reato, stimata in oltre 685mila euro, la Intergroup. E aveva chiesto anche la condanna a una sanzione pari a 450 quote, corrispondenti a 405mila euro, sia per la Di Grandi srl che per la controllata Ela srl, oltre alla confisca del profitto del reato, stimata in quasi 364mila euro.

Il Tribunale ha invece condannato soltanto Spinosa, difeso dall’avvocato Claudia Magliuzzi, a 4 mesi di reclusione, con sospensione condizionale della pena, soltanto per rivelazione di segreti d’ufficio.

Lo stesso Spinosa per le altre imputazioni e tutti gli altri imputati, difesi dagli avvocati Alfredo Zaza d’Aulisio, Vincenzo Macari, Bartolo Iacono, Filippo Visocchi e Nello Vittorelli, sono stati invece prosciolti da diverse imputazioni per intervenuta prescrizione e assolti da altre nel merito.

Assolte infine dagli illeciti amministrativi, perché il fatto non sussiste, anche le tre società coinvolte nel processo.

Le motivazioni della sentenza verranno depositate entro 90 giorni.