Centinaia di persone affrante e disorientate lunedì mattina nella chiesa di San Michele Arcangelo, nel centro storico di Suio, frazione di Castelforte, per l’ultimo saluto terreno a Davide Rossillo, 53enne imprenditore turistico, animatore culturale e mecenate scomparso venerdì scorso in un incidente stradale avvenuto a Formia. Una figura rara, tratteggiata dal giornalista (e amico) Diego Roma attraverso un lungo post Facebook. Un ritratto tanto dettagliato quanto toccante:
Abbiamo salutato una persona di quelle che capitano ogni cent’anni dalle nostre parti. Era un amico. E un grande uomo. E adesso mi arrischio sul terreno scivoloso della banalità e della circostanza per colmare un vuoto che non riuscirò a colmare.
Davide Rossillo era un uomo delle idee, aveva un cervello fiammante, era convinto che l’arte fosse lo strumento giusto per strappare la provincia al suo male endemico, il provincialismo.
Fine intenditore di tendenze e di culture, curioso, carismatico e generoso, dall’osservatorio piccolino del Basso Lazio progettava cose che per la loro forza innovativa finivano altrove. La Street Art ne è esempio lampante.
Nel 2011, quando lo conobbi io, insieme a Marco Fauciello, Davide stava per catapultare alcune città di una provincia culturalmente arretrata e chiusa in se stessa, dieci anni in avanti. A un certo punto i muri cominciarono a coprirsi di vernice e videomaker e fotografi a fare la comparsa tra i quartieri. I media iniziarono a incuriosirsi perché tra gli edifici popolari di paesini e piccole città definite come ‘a sud di Roma’, comparivano artisti provenienti da tutta Europa, da tutto il mondo, chiamati a realizzare gigantesche opere d’arte su pareti scrostate di vecchi palazzi e antiche fabbriche. Gaeta, Formia, Terracina, Fondi, Minturno, Itri salivano alla ribalta.
È stato un crescendo. Intorno a un’idea di bellezza in cui la città diventava linguaggio di tutti, Davide ha aggregato decine di persone, prediligendo giovani e giovanissimi, ragazze e ragazzi innamorati dell’arte, con grandi aspirazioni ma poche possibilità di realizzarle senza andarsene altrove.
Davide li ha messi insieme a tessere relazioni professionali e umane: fotografi, web designer, videomaker, redattori, event manager, galleristi, uffici stampa. Qui dove di solito tutto si spegne nel tempo di una sagra di agosto, si cominciava a creare curiosità per questa spinta propulsiva fatta di poche chiacchiere e tanti colori.
Tutti noi che abbiamo provato queste sensazioni bellissime, dobbiamo moltissimo a Davide Rossillo. Moltissimo. Il problema è che ora non sappiamo come.
Se mi affaccio alla finestra, vedo 4 opere di street art in linea d’aria a un massimo di 100 metri da casa mia. Davide ha colorato perfino le pensiline del trasporto pubblico, quelle dove si aspettano le navette che nel Basso Lazio circolano vuote, perché andiamo tutti con la macchina. Non le usa nessuno. E allora facciamone delle opere d’arte!
Colori e bellezza sopra ogni cosa, colori e speranza. Così Davide immaginava ci si potesse elevare, e così aveva ideato il suo museo a cielo aperto: Memorie Urbane, e la sua costola sociale: 25novembre.org.
Davide prendeva a Berlino, Londra, New York, Venezia, Milano, e portava a Terracina, Gaeta, Castelforte, Formia, Fondi. Più che una singola forma artistica, arrivavano folate di cultura da prendere a pieni polmoni, un profumo che sapeva di possibilità. Le città potevano finalmente uscire dall’anonimato e diventare esperienza, diventare galleria, rivendicare se stesse.
Perché sì, impalcature e bombolette possono costruire relazioni, creare dialogo, e così i quartieri prendono colore, l’artista beve il caffè con la signora del secondo piano mentre compare una grossa mano di vernice accanto a una persiana. A parlare, finalmente, per un giorno, per una stagione, per tante stagioni, è il linguaggio unico dell’arte. Non ci sono più barriere. Siamo insieme.
Dentro al mondo di Davide eri cittadino del mondo. E sempre, sempre quando eri insieme a lui avevi la sensazione impagabile di stare a fare una cosa bella. Una di quelle cose per cui tu lo sai, in fondo, da essere umano, di esserci nato.
Davide lavorava di continuo. Nei vernissage della Davide Rossillo Contemporary, mentre la gente affollava la galleria per ammirare le opere di un artista e si conosceva, si presentava, lui se ne stava in ufficio con qualche amico a chiacchierare e ancora a lavorare. C’erano murales da trasferire su tela, committenze, vendite e acquisti, e poi già idee e progetti nuovi, che guardavano avanti, molto avanti, anni luce avanti. Il lavoro certosino serviva affinché quello che per gli occhi era bellezza e per il cittadino un’esperienza, diventasse anche economia, un progetto sostenibile.
E oggi mi sento un po’ orfano, qui nel Basso Lazio. Abbiamo perso un grande uomo. Un umanista. E in modo pressante, direi lancinante, sto qui a chiedermi, a bassa voce ma costantemente: e ora che si fa? Cosa possiamo fare? Perché c’è qualcosa di veramente grande che resta, ma noi siamo solo dei dilettanti.
Però forse una promessa la posso fare, la possiamo fare. Ci proveremo. Fallibili come siamo. Lavoreremo ancora alle cose di Davide. D’altra parte è il modo che abbiamo per farlo ancora con lui. Con Davide. Ciao Davide.