Come funzionano le Comunità Energetiche in Italia

La transizione energetica è divenuta ormai una priorità per i governi di tutto il Mondo, Italia inclusa che, accogliendo le indicazioni dell’Unione Europea in merito all’abbattimento progressivo delle emissioni nocive, si sta sforzando operativamente e economicamente per porre in essere questo cambiamento epocale, anche alla luce dell’innalzamento dei prezzi delle materie prime e con l’obiettivo di rendersi indipendenti dai Paesi esportatori di combustibili fossili, traguardo che oggi più che mai non più essere rimandato.

Tra gli elementi che maggiormente possono fare la differenza in positivo per questa rivoluzione energetica troviamo senza dubbio le Comunità Energetiche, chiamate anche con l’acronimo CER (Comunità Energetiche Rinnovabili), una modalità di scambio e distribuzione dell’energia che, purtroppo, nel nostro Paese non si è ancora diffusa come dovrebbe.


Le comunità energetiche in Italia

Stando agli ultimi dati a disposizione pubblicati dal report della Fondazione Symbola, Tea e Ipsos, in Italia le comunità energetiche attive sono in totale 35 mentre 41 sono in progetto e 24 in fase di costituzione. Un numero molto esiguo se andiamo a vedere i tanti vantaggi che questa modalità ha, primo tra tutti un risparmio economico per coloro che ne fanno parte (cittadini, aziende e pubblica amministrazione) che pagano un prezzo inferiore per l’elettricità rispetto alle classiche bollette, possono avere delle agevolazioni e rendersi autonome dalle compagnie energetiche centralizzate.

A questo si aggiunge una gestione migliore del sistema e ovviamente tutti i benefici ambientali collegati all’utilizzo di energia rinnovabile, in particolare fotovoltaico, eolico e idroelettrico, e una riduzione consistente delle emissioni nocive.

Dietro alle criticità relative allo sviluppo delle comunità energetiche in Italia, viene sottolineato dal report la poca conoscenza da parte dei cittadini e delle aziende sul funzionamento, sul quadro normativo e sull’iter burocratico autorizzativo, senza contare la mancanza di un’informazione completa e costante che ostacola quel cambiamento di mentalità necessario per la loro diffusione.

Come attivare le Comunità Energetiche

In Italia le comunità energetiche si rifanno a un decreto legge del 2019 che ha accolto le normative europee riguardanti la promozione delle energie rinnovabili risalenti ormai a venti anni fa. Malgrado questo, però è ancora atteso un decreto attuativo da parte del Ministero dell’Ambiente che, di recente, ha inviato per approvazione alla Commissione UE il testo nel quale sono esplicitate le modalità di accesso e i requisiti per ottenere gli incentivi per la costituzione di comunità energetiche sul nostro territorio.

Nel caso in cui l’Europa dovesse approvare il decreto, coloro che appartengono alle CER possono beneficiare di due sistemi di incentivazione. Da una parte un contributo a fondo perduto proveniente dal PNRR che prevede 2,2 miliardi di investimenti dedicati, riservato però unicamente ai Comuni con meno di 5 mila abitanti, che andrebbe a coprire il 40% dell’investimento sia nel caso di realizzazione di nuovi impianti a energia rinnovabile sia per potenziare quelli già attivi. Dall’altra un incentivo in tariffa, con la definizione di 3 fasce differenti a seconda della potenza erogata.

L’obiettivo è quello di arrivare a un potenza complessiva minima di due gigawatt e una produzione annuale intorno ai 2500 GW all’ora. Secondo il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, con questa manovra si potrebbero creare fino a 15 mila nuove comunità energetiche a livello comunale, con tutti i benefici sopracitati che ricadrebbero positivamente sui bilanci delle aziende e delle famiglie, con spese in bolletta dimezzate per due milioni di nuclei familiari.

Foto di andreas160578 da Pixabay