La psicologia dell’altruismo: fare del bene è salutare

Sono numerose le ricerche che hanno confermato quanto il volontariato e la beneficenza abbiano degli effetti positivi anche sulla nostra salute. Soprattutto a cominciare dagli anni Ottanta con Batson, questi studi hanno indagato quella che è stata definita la psicologia dell’altruismo, mentre al giorno d’oggi una delle principali esponenti è considerata Suzanne Richards, dell’università di Exeter, in Inghilterra. Secondo le ricerche, gli esseri umani sono indotti, non sempre a livello conscio, a ricercare il bene delle altre persone per poter star bene. Ciò non vuol dire, ovviamente, che coloro che fanno del bene ricerchino unicamente un tornaconto soggettivo.

Che cosa cambia con la beneficenza

Si tratterebbe per altro di un tornaconto invisibile e intangibile, ma non per questo inesistente. Più che altro lo si può considerare come uno stimolo, in virtù del quale tante persone di buon cuore sono indotte a dedicare la propria attenzione al prossimo. Chiunque può sperimentare tale situazione in prima persona con la beneficenza: clicca qui e scopri come donare a un’organizzazione che si occupa dei più bisognosi.


La felicità edonica e la felicità eudemonica

Barbara Fredrikson è una psicologa americana dell’Università della Carolina del Nord che ha proposto una distinzione relativa alla felicità, la quale potrebbe essere classificata in due categorie differenti: la felicità edonica e la felicità eudaimonica. Nel primo caso si tratta del frutto del benessere personale, correlato fra l’altro all’attività sessuale e allo sport. Nel secondo caso si tratta del risultato del benessere delle persone da cui siamo circondati. Per la Fredrikson tale prerogativa potrebbe garantire dei benefici significativi sulla nostra salute. Una sorta di spiegazione di carattere scientifico rispetto alla sensazione di ricchezza che si sperimenta quando si fa del bene alle altre persone: l’altruismo è appunto questo. E non stupisce che sia così, visto che l’uomo è a tutti gli effetti un animale sociale, il cui benessere è influenzato da quello dei componenti del suoi gruppi di riferimento.

La beneficenza come medicina per l’anima e per il corpo

Se si prende come riferimento una serie di più di 40 studi che sono stati pubblicati e sottoposti a revisione da BMC Public Health, chi fa del bene aiuta non solo i destinatari dei gesti in questione, ma anche sé stessi. C’è un ricco fascicolo di studi, in effetti, che testimonia come e quanto la beneficenza aiuti a tenere il morale alto, consenta di star meglio con sé stessi, tenga lo stress alla larga e, in fin dei conti, aiuti a vivere addirittura più a lungo. Sembra proprio che aiutare le persone che sono più sfortunate di noi, insomma, debba diventare una priorità a cui non si dovrebbe rinunciare, non solo in occasioni particolari – per esempio le festività natalizie.

Il valore della solidarietà

I concetti di beneficenza e di solidarietà, pertanto, dovrebbero entrare a far parte della nostra vita quotidiana in ogni periodo dell’anno, in primis come dimostrazione di attenzione verso il sociale e di partecipazione, oltre che – ovviamente – per aiutare tutte le persone che vivono una situazione di difficoltà, a cominciare da bambini e anziani. A risentirne in positivo è, come si è visto, il nostro umore. In sintesi, la mente trae beneficio dalla solidarietà, e ogni circostanza può essere sfruttata per far sentire a proprio agio coloro che non hanno la possibilità di usufruire di assistenza medica, di trascorrere le feste con i propri cari o semplicemente di studiare a scuola. Una delle iniziative più interessanti da questo punto di vista è rappresentata dai regali solidali che possono essere comprati attraverso diverse associazioni: un’occasione da non lasciarsi sfuggire per far del bene.