Avallato dal Consiglio di Stato il provvedimento di revoca del permesso a costruire per il residence di via Biancamano.
Il destino dei villini all’ingresso di Sabaudia, una delle pagine più tormentate della storia urbanistica recente della città delle dune e tra quelle che più incisero nella caduta anticipata della giunta di Salvatore Schintu, torna così a farsi estremamente incerto.
Il permesso a costruire per quell’immobile venne rilasciato nel 2005.
Un anno dopo il residente venne sequestrato dai forestali del Nipaf e il sostituto procuratore Giuseppe Miliano ipotizzò essere stato realizzato ricorrendo a un abuso d’ufficio e a un falso, “frutto di collusione tra privato e potere pubblico”, tirato su dove dovevano esserci una strada e del verde pubblico.
Vennero così indagati e poi mandati a giudizio l’amministratore e il procuratore speciale della “San Lorenzo”, la proprietaria del lotto di terreno poi ceduto alla società costruttrice, un tecnico comunale, un dirigente comunale e l’architetto incaricato di rettificare le tavole del Prg.
In primo grado vennero condannati dal Tribunale di Latina, il 25 gennaio 2011, solo i responsabili della “San Lorenzo” e l’architetto.
I giudici disposero inoltre la demolizione del residence una volta che la sentenza fosse passata in giudicato.
L’anno dopo, però, la Corte d’Appello di Roma assolse tutti dai reati di abuso d’ufficio e falso e ritenne provato solo il reato di abuso edilizio esclusivamente a carico di Maria Domenica Ginanneschi, amministratrice della società costruttrice, prosciolta per intervenuta prescrizione.
I giudici di piazzale Clodio, inoltre, revocarono, essendo appunto il reato prescritto, l’ordine di demolizione.
Ginanneschi, cercando di evitare l’intervento della pubblica amministrazione sull’immobile e di ottenere un’assoluzione nel merito, fece ricorso in Cassazione. Ma invano.
Nel 2015 il ricorso dell’amministratrice della “San Lorenzo” venne infatti rigettato, confermando che quel permesso a costruire era da ritenersi illegittimo, perché in contrasto con le previsioni del Prg, “stante l’assenza di vocazione edificatoria della predetta particella, diversamente destinata a verde pubblico e viabilità”.
A quel punto, riesaminato il caso, il Comune di Sabaudia, il 15 febbraio 2016, durante l’ultima consiliatura del sindaco Maurizio Lucci, revocò in autotutela il permesso a costruire.
Un primo passo per acquisire al patrimonio pubblico l’immobile ed eventualmente abbatterlo.
La “San Lorenzo” e i proprietari dei dodici villini fecero causa al Comune, chiedendo un risarcimento milionario, e impugnarono il provvedimento al Tar di Latina, che nel 2017 annullò il provvedimento comunale, ritenendo che fosse “privo di motivazione circa l’interesse pubblico e attuale, anche in relazione al tempo trascorso e all’affidamento dei privati”, oltre che “in contrasto con i principi di correttezza e buona fede a cui deve essere improntata l’azione amministrativa”.
Il Comune ha impugnato la sentenza e l’appello è stato ora accolto da Consiglio di Stato.
Per Palazzo Spada, “l’amministrazione ha svolto un’ampia e approfondita istruttoria, avviando un dialogo procedimentale con gli interessati ed evidenziando le plurime ragioni di interesse pubblico a sostegno dell’intervento in autotutela, derivanti non solo dalla contrarietà del titolo edilizio con la disciplina urbanistica, ma anche con i vincoli paesaggistico-ambientali e del Parco Nazionale del Circeo”.
Secondo i giudici, “l’amministrazione comunale all’indomani della citata pronuncia della Corte di Cassazione ha correttamente esercitato il proprio potere di autotutela, prendendo spunto da quanto emerso in sede penale e dando luogo ad un procedimento rispettoso dei limiti di legge”.