Un giallo protrattosi per mesi e che ha calamitato l’attenzione dei media nazionali, poi le tre ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip del Tribunale di Brescia Alessandra Sabatucci sulla scorta delle indagini dei carabinieri, guidati dal fiuto investigativo di un ufficiale pontino.
Per la morte dell’ex vigilessa Laura Ziliani, di Temù, venerdì sono finite in manette le due figlie Silvia e Paola Zani, di 27 e 19 anni, oltre al fidanzato della prima, Mirto Milani, residente in provincia di Lecco. Un terzetto accusato di omicidio volontario aggravato dalla relazione di parentela con la vittima, nonché del reato di occultamento di cadavere.
A condurre l’inchiesta i carabinieri di Breno, diretti dal 2018 dal capitano Filiberto Rosano, militare di Formia. Che con i suoi uomini è riuscito a mettere insieme un quadro indiziario che, di elemento in elemento, intercettazioni comprese, pare difficile da scalfire. Troppe, le anomalie emerse nel corso del lavoro degli inquirenti.
Secondo il teorema accusatorio Laura Ziliani sarebbe stata prima stordita con del benzodiazepine, per poi essere uccisa. Dietro il delitto, secondo le ipotesi investigative, un mucchio di soldi: “Riteniamo che sia stato di natura economica” ha detto il capitano Rosano in merito al movente. “La donna aveva alcuni immobili in tutta la provincia di Brescia. Pensiamo che potrebbe essere stata uccisa per la gestione di questi”.