E’ stata rinviata, per un difetto di notifica, l’udienza dibattimentale fissata giovedì mattina presso la sezione penale del Tribunale di Cassino che vede imputati per reati di inquinamento ambientale – dietro richiesta del procuratore Emanuele De Franco, accolta dal Giudice dell’udienza preliminare Domenico Di Croce – diciotto imprenditori che operano nel settore della mitilicoltura nel Golfo di Gaeta.

Visto il rinvio al 22 novembre non è stato possibile formalizzare la costituzione come parte civile di Legambiente che, “per dare un segnale forte”, sarà ora presentata in occasione della prossima udienza direttamente a nome del presidente nazionale Stefano Ciafani. “Con la scesa in campo nel massimo rappresentante nazionale si rafforza in modo significativo il fronte ambientalista che sta prestando grande attenzione all’intera vicenda”, rimarca Legambiente.
L’inchiesta era partita in risposta a un esposto inviato alla Procura della Repubblica nel 2017 dal Comune di Formia, costituitosi nel processo tramite l’avvocato Domenico Di Russo, che segnalava un grave episodio di inquinamento ambientale in conseguenza della dispersione in mare di migliaia di ‘reste’ – così vengono tecnicamente denominati i retini di plastica, multicolore per distinguerne la provenienza dai vari allevamenti – utilizzate dai mitilicoltori nelle varie fasi di accrescimento dei bivalve, rinvenute maggiormente sulla spiaggia di Vindicio a Formia, ma anche a Minturno e Gaeta. A subire i danni, oltre all’ambiente, decine di pescatori che persero le loro attrezzature divenute inservibili per un enorme quantitativo di questi dispositivi di plastica rimasti impigliati nelle maglie delle reti da posta.
“Secondo ripetute segnalazioni pare che l’episodio verificatosi sulla spiaggia di Vindicio non fosse isolato – riferisce Dino Zonfrillo, residente del Circolo Intercomunale Sud Pontino di Legambiente – ma sia solo la punta di un iceberg di grandi proporzioni che ha prodotto gravi danni nel corso degli anni, e lo sta ancora facendo, all’ecosistema marino del Basso Lazio”.
Nella fase dibattimentale saranno decisive le indagini affidate alla Guardia Costiera allo scopo di accertare l’estensione, la durata del fenomeno e le eventuali responsabilità. “Riteniamo che gli episodi di inquinamento che hanno impegnato i nostri volontari a frequenti interventi di bonifica sulle spiagge del Golfo di Gaeta – precisa Legambiente – possano facilmente ripetersi anche in considerazione che la tecnologia utilizzata è ormai superata da altre più sicure e meno impattanti sull’ecosistema e sulla economia del nostro territorio orientata al turismo. La stessa Comunità Europea ha stanziato fondi per il riammodernamento – conclude Zonfrillo – che consentirebbero anche la traslocazione offshore degli impianti. Per ora tale provvedimento è stato accolto tiepidamente dagli allevatori del nostro territorio tradizionalmente legati ad una tecnologia vecchia della acquacoltura partenopea”.