Accusati di aver massacrato di botte un bracciante indiano soltanto perché chiedeva mascherine e guanti con cui proteggersi dal Covid, due imprenditore agricoli di Terracina, il 53enne Fabrizio Tombolillo e il figlio Daniele, di 23 anni, sono stati rinviati a giudizio dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Pierpaolo Bortone.
I due imputati dovranno rispondere a vario titolo di estorsione, rapina e lesioni personali aggravate.
Le indagini sui titolari dell’azienda agricola Orticola Tombolillo sono iniziate a febbraio dell’anno scorso dopo che un 33enne di nazionalità indiana si è recato al pronto soccorso dell’ospedale “Fiorini” di Terracina con delle ferite alla testa, fratture e lesioni in varie parti del corpo.
Il bracciante ha riferito agli investigatori di essere stato licenziato dopo aver chiesto i dispositivi di protezione dal virus e che poi, chiedendo di essere pagato per il lavoro svolto fino a quel momento, era stato minacciato, preso a calci e pugni fino a perdere conoscenza e gettato in un fosso.
I due imputati erano stati arrestati e il sostituto procuratore Claudio De Lazzaro, alla luce degli accertamenti svolti, si è convinto che in quell’azienda fosse stato messo a punto un sistema di pesante sfruttamento, con i braccianti costretti a lavorare anche tutti i giorni, 12 ore al giorno, per 4 euro l’ora.
Il 33enne si è costituito parte civile tramite gli avvocati Arturo Salerni e Silvia Calderoni e la verità su cosa realmente sia accaduto dovrà emergere dal processo.
Ad accompagnarlo in tribunale Marco Omizzolo, sociologo dell’Eurispes, da lungo tempo impegnato a tutela dei diritti dei lavoratori sikh.
“E’ stata una presenza ed esperienza importantissima – ha dichiarato Omizzolo – soprattutto per il lavoratore che ha potuto partecipare sin dall’inizio al percorso che speriamo porterà giustizia e verità”.