Un cavillo salva una lottizzazione in odore di abuso a Valle Rita

Il Comune di Cori

Un cavillo salva un’altra lottizzazione in odore di abuso a Cori.

Era il 12 luglio 2019 quando, su input del responsabile comunale dell’urbanistica, l’ing. Luca Cerbara, l’ufficio tecnico annullò in autotutela il permesso a costruire rilasciato il 26 gennaio 2018 a un 80enne del posto, ordinando anche l’immediata sospensione dei lavori e la demolizione delle opere fino a quel momento realizzate.


L’ing. Cerbara intervenne dopo aver notato che nel fascicolo relativo alla lottizzazione Valle Rita mancavano dei documenti.

Analizzata la vicenda, il dirigente comunale ritenne quindi che il piano di lottizzazione, approvato il 10 febbraio 2015, fosse stato approvato in contrasto con le indicazioni date dalla Regione Lazio, ma soprattutto trasmettendo alla stessa Regione degli elaborati diversi anche per quanto riguarda le cubature da quelli approvati dalla giunta comunale.

Una sostituzione che sarebbe stata compiuta prima di siglare, il 2 novembre 2017, la convenzione tra Comune e lottizzanti.

Dopo aver chiesto alla Regione di annullare quel piano, l’ing. Cerbara annullò così il permesso rilasciato all’80enne e inviò il provvedimento anche alla Procura della Repubblica di Latina.

L’80enne ha fatto ricorso al Tar di Latina e ottenuto ora l’annullamento del provvedimento, facendo così allungare l’elenco degli atti in tema di urbanistica varati dal Comune di Cori bocciati dai giudici amministrativi.

Per il Tar di Latina il vizio evidenziato nel provvedimento di annullamento in autotutela del permesso a costruire non riguarda il permesso in sé, ma la delibera di giunta comunale del 2015.

Una delibera dunque del periodo in cui era sindaco Tommaso Conti.

Ed ecco il cavillo: tale atto, del 10 febbraio 2015, non è più annullabile, essendo decorsi oltre 18 mesi dalla sua approvazione.

Il ricorso dunque è stato accolto, la lottizzazione, salvo eventuale appello ed eventuali diverse valutazioni del Consiglio di Stato, è salva e il Comune è stato pure condannato a pagare quattromila euro di spese di giudizio.