“Armiamoci e andiamo ad ammazzare quel figlio di troia”, “Ti auguro di morire male”, “Non vedo l’ora che ci sia il tuo funerale”, “Pezzo di merda, ti voglio vedere morto”.
Sono questi alcuni dei messaggi lanciati sul web in pieno lockdown, nella primavera scorsa, contro il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e finiti al centro di un’inchiesta del sostituto procuratore della Repubblica di Roma, Eugenio Albamonte, che ha ipotizzato il reato di offesa all’onore e al prestigio del Capo dello Stato.
Si tratta di un reato che prevede pene da uno a cinque anni, procedibile d’ufficio.
Scattato il blitz, la Digos, la squadra mobile e la polizia postale hanno perquisito le abitazioni di undici indagati, tra cui quella di un uomo di Aprilia, Alessio Pichi, sequestrandogli lo smartphone, che verrà sottoposto ad accertamenti tecnici.
Il profilo degli undici indagati in diverse regioni italiane, di varia estrazione sociale, è in generale quello di simpatizzanti di destra, antieuropeisti e negazionisti del Covid, che sui social network di frequente rilanciano fake news, tesi complottiste e diffondono, come in questo caso messaggi di odio.