“Uno dei principi chiave dei movimenti popolari degli anni a cavallo tra i due secoli è stato quello di bene comune. Agli inizi del 2000 i social forum, ovvero i gruppi di organizzazione di base sociale, avevano rispolverato questa preziosa terminologia degli anni ’70 per rivendicare principi sociali che le politiche neoliberiste stavano distruggendo, in particolare per la difesa dell’ambiente e contro i tentativi di privatizzazione dell’acqua.
Entrato poi a fare parte della terminologia politicante di uso comune, il termine Bene Comune ha raggiunto momenti di vero e proprio abuso in periodi di campagna elettorale, nei quali candidati di ogni schieramento ne hanno fatto, e ne fanno tutt’ora, grandissimo abuso, arrivando addirittura a coniare il nome delle loro liste elettorali con Bene Comune, affiancato al nome della città. Il concetto è diventato la ciliegina sulla torta buona ad ogni campagna elettorale, ma privo del suo significato originale.
Per quanto ci riguarda le parole continuano ad essere importanti e hanno un significato e un peso, che non può essere deformato a proprio uso e consumo. Riteniamo doveroso e indispensabile chiarirne il significato.
Un Bene comune viene definito tale quando una specifica risorsa o condizione è condivisa da tutti i membri di una comunità in termini di proprietà collettiva, amministrazione economica, difesa, tutela, conservazione e uso. Esattamente il contrario di quanto accaduto invece all’acqua della nostra provincia.
Nel 1998 il consiglio comunale di Formia decise di intraprendere la strada della privatizzazione dell’acqua, senza il minimo coinvolgimento della popolazione, che infatti nulla sapeva o poteva immaginare di questa iniziativa e che non votò di certo i rappresentanti di quel consiglio comunale per regalare l’acqua a degli sciacalli. Non è stato per decisione del popolo che l’intera cittadinanza si è ritrovata l’acqua potabile privata, ma è stato unicamente per colpa di una politica non solo non rappresentativa ma anche malata e opportunista.
In oltre 20 anni la società Acqualatina, diretta espressione della multinazionale francese Veolia, ha prelevato milioni di euro dalle tasche della popolazione e agli enti locali; ha foraggiato politici; ha ricevuto il sostegno dei partiti politici che vanno per la maggiore (a livello comunale, provinciale, regionale e nazionale); ha sempre goduto della tacita complicità dei sindacati, rara eccezion fatta per alcuni, e delle associazioni di categoria.
Quel che è peggio è stata la totale perdita della volontà di rivendicazione del ritorno alla gestione totalmente pubblica del servizio idrico e alla cacciata tout court del gestore privato.
Le varie associazioni che se ne occupano oggi si dibattono per la maggior parte dei casi alternando tecnicismi idrogeologici a iniziative pseudolegali dalla pronuncia anglosassone ad effetto, che poco hanno a che fare con la lotta per la ripubblicizzazione e nulla hanno ottenuto se non affievolire la spinta rivendicativa popolare.
Il tentativo da parte di alcuni gruppi di edulcorare gli animi e spostare la spinta della rivendicazione, dal processo di ripubblicizzazione totale, al mero ridimensionamento dell’operato di Acqualatina, sarà pure legittimo, ma rischia di risultare alquanto complottista. Eppure Acqualatina ce lo ricorda tutti i giorni da 20 anni: l’unica motivazione per la quale esiste, e che la mantiene in attività, è soltanto prendersi i nostri soldi ogni due mesi e inventarsi strategie e modalità per aumentare ogni anno le tariffe, facendola sembrare una cosa normale e doverosa.
Oggi non si può più derogare ad altri la scelta della conservazione, della salvaguardia e della tutela di una risorsa indispensabile e preziosa come l’acqua. Le acque di Formia e della provincia di Latina, vanno gestite, tutelate, difese, amate dal popolo attraverso la gestione partecipata dal basso, che sono la più naturale, logica emanazione delle comunità. Ogni archetipo aziendalista o imprenditoriale, compresa la formula dell’azienda municipalizzata, mette a repentaglio le acque del nostro territorio sottoponendole al rischio delle più becere speculazioni di mercato.
In ballo non c’è solo la gestione amministrativa del servizio, ma la salvaguardia, la tutela, la difesa e la conservazione per le generazioni future della risorsa vitale per eccellenza di tutti gli esseri viventi e per diretta conseguenza di tutte le attività degli esseri viventi: umani, animali, vegetali. Dare un prezzo a tutto questo, ingabbiare nella logica della finanziarizzazione e del mercato, avallare questa logica aziendalistica e speculativa, significa essere i mandatari del proprio suicidio sociale.
Pertanto proponiamo a quanti/e credono veramente nell’acqua come risorsa umana, e nella partecipazione dal basso come forza di cambiamento, un percorso di lotta che si ponga come obiettivo la creazione di una ONLUS o di una APS ovvero Associazione di Promozione Sociale comunale, creata appositamente e dedicata esclusivamente alla gestione, conservazione, difesa, custodia delle risorse idriche del nostro comune, che avrà il compito di gestire la madre di tutte le risorse attraverso i gettiti dell’unica forma di approvvigionamento ovvero quello della tassazione comunale da integrare alla tari previo stima dei consumi per utenza. Fissata una quantità per famiglia si determina una quota base e si utilizzeranno i contatori unicamente per il calcolo delle eccedenze”.
E’ quanto scrive in una nota diffusa nella giornata di ieri, mercoledì 24 febbraio, il Collettivo Comunista Autonomo di Formia.