Atti falsi per ottenere l’onoreficenza, finanziere a giudizio

Contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in certificati e falsità materiale commessa dal privato. Sono queste le accuse mosse dal pm Clara De Cecilia, a due finanzieri, uno in servizio a Roma, ma residente a Terracina, e l’altro in Sicilia, ritenuti responsabili di tali reati per cercare di ottenere l’onoreficenza di commendatore.

Per gli inquirenti, i due avrebbero inviato una lettera falsa all’Ufficio Onorificenze Araldiche della Presidenza del Consiglio dei Ministri cercando di vedersi concedere il prestigioso riconoscimento.


Un documento su carta intestata firmato dal capo del Dipartimento per le politiche della famiglia della stessa Presidenza, Ermenegilda Siniscalchi, che ha sollevato dubbi a Palazzo Chigi.

Avviate le indagini il vicebrigadiere terracinese, di 55 anni, interrogato dall’Ispettorato di Polizia di Palazzo Chigi e poi dai carabinieri di Terracina, ha negato le accuse, specificando di aver lavorato come autista presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal 1996 al 2012, e di non aver avuto poi più accesso a quegli uffici.

Il suo legale, l’avvocato Maria Antonietta Cestra, ha inoltre sottolineato alla Procura che l’onoreficenza diventata materia d’inchiesta non porta alcun vantaggio economico e che nelle indagini vi sarebbero state delle lacune.

Il pm De Cecilia, ritenendo invece provata la responsabilità dei due finanzieri, li ha citati direttamente a giudizio e il processo avrà inizio il 3 febbraio davanti al Tribunale di Roma.