HC Fondi e nuova stagione di Serie A: intervista a mister De Santis

In attesa dell’avvio ufficiale della stagione 2020-2021, in cui l’HC Fondi prenderà parte nuovamente al campionato di Serie A Beretta, il tecnico Giacinto De Santis ha rilasciato un’intervista. Ecco le parole del tecnico ad un mese circa di distanza dall’inizio della nuova stagione agonistica.

Mister De Santis, cos’è rimasto di incompiuto dalla scorsa stagione? Rammarico o rimpianto?


“Tanto rammarico, perché dopo un girone d’andata non brillantissimo e con tanti problemi, da gennaio abbiamo cambiato mentalità e con l’arrivo di Lazic la squadra ha trovato serenità e punti, finendo per vincere bene in casa contro Brixen e perdendo immeritatamente di 1 a Cassano, con due rigori sbagliati a 1’ dalla fine. Rimango dell’opinione che avremmo finito ancor più in crescendo e non so dove saremmo potuti arrivare, ma non è stato possibile. Ma questo è passato, pensiamo al futuro”.

Ad un certo punto aveva deciso di lasciare. Perché? Cosa l’ha convinta a cambiare idea e quanto è stato difficile farlo?

“Una decisone molto sofferta, presa a mente fredda e che elaboravo dalla sosta natalizia. Dopo più o meno 15 anni di panchine, e credo più di 200 solo in serie A, era arrivato il momento di staccare la spina, riorganizzare le idee, fare qualche stage in qualche squadra amica all’estero, per ripartire con un altro progetto. La società è riuscita a fare l’iscrizione purtroppo solo a luglio inoltrato, dopodiché, o diciamo anche nel frattempo, ha voluto parlare con me, e a quel punto non potevo dire di no. Sono contento che una società storica come l’HC sia riuscita nell’impresa di iscriversi anche e soprattutto con l’aiuto di tutta la cittadinanza, non poteva sparire nell’oblio. Devo fare i complimenti al presidente e a tutto il direttivo, poiché so che gli sforzi sono stati tanti e spero che in futuro verranno ripagati”.

Dopo così tanti mesi di stop, quanta voglia di riscatto c’è in vista di questa nuova stagione?

“Mah, sarà strano iniziare, tra protocolli e limitazioni. Iniziamo presto, troppo presto e con troppe incognite, sia nostre interne che ovviamente esterne. I ragazzi non sono mai stati fermi e sono certo inizieranno con ancor più voglia e determinazione”.

Quanto era importante partecipare a questo campionato, nonostante i numerosi problemi, per il futuro della società?

“Lo ripeto, una società storica come il Fondi non poteva sparire, questo direttivo sta facendo un gran lavoro mantenendo Fondi in pianta stabile nell’élite della pallamano italiana, traguardo mai riuscito a questa società. La città e i tifosi devono essere fieri e stare vicino a questo sodalizio, perché avere una squadra nel massimo campionato deve essere motivo di orgoglio per tutti”.

Quanto può aiutare lo sport, in particolare la pallamano, a far riassaggiare quella normalità che si era persa a Fondi, soprattutto nelle settimane di zona rossa? A livello di prima squadra ma anche di settore giovanile.

“Lo sport è importante a tutti i livelli. Ad oggi c’è incertezza e ancora paura, ma anche voglia di ritornare alla normalità e lo sport può essere un utile strumento”.

E quanto sarà importante che i fondani continuino a star vicino alla squadra e alla società, nonostante la probabilità di inizio a porte chiuse?

“Sappiamo che si dovrebbe iniziare il 5 settembre per ora e a porte chiuse, ma non è scontato secondo me sia partire in quella data, da una parte, sia giocare a porte chiuse. Viviamo nell’incertezza del futuro. Magari si giocherà il 12 settembre, nostra prima gara interna con Bolzano, a porte aperte, ed è quello che ci auguriamo tutti, o magari a fine settembre ancora a porte chiuse”.

È stato diramato il calendario, vi aspettano subito le prime due classificate della scorsa stagione, Conversano e Bolzano. 

“Inizieremo a Conversano, una piazza storica. Va bene, tanto prima o poi dovremo incontrarle tutte. Noi siamo una squadra giovane con un progetto alle spalle, sarà un campionato lungo e pieno di insidie sia sportive che non”.

Che tipo di squadra avete voluto disegnare quest’anno?

“Stiamo allestendo una squadra giovane, un progetto pluriennale, in cui l’anno più difficile sarà proprio il prossimo. Ma sono certo che lavorando in un certo modo questi ragazzi ci daranno grandi soddisfazioni. Gli atleti che hanno firmato hanno accettato in pieno i nostri obiettivi. Purtroppo, siamo partiti tardi e abbiamo perso molti elementi dello scorso anno, vorrà dire che con questi ragazzi faremo anche meglio”.

Se potesse esprimere un desiderio con la certezza che possa avverarsi, cosa sceglierebbe?

“In ambito pallamanistico, come nella vita, ognuno di noi lavora per raggiungere il massimo: alle volte ci si riesce, alle volte non basta”.

Una indiscrezione: lei ha collezionato più di 200 panchine in A, forse tra i quindici allenatori è tra quelli che hanno più storia nella massima serie: la migliore squadra composta da tutti i giocatori che abbia allenato?

“Non è una squadra di serie A, non sono giocatori che ora militano in serie A, ma lo faranno presto e con grandi risultati. Dico la squadra dell’Area Centro 2016, ma ci sono anche molti ragazzi 2003-04 avuti nel raduno successivo che ricordo con grande piacere, anche se non è stato possibile continuare a lavorare per arrivare alla manifestazione finale”.

Ha letto l’intervista rilasciata dal suo collega Kolec, voi allenatori vi sentite tanto bistrattati?

“Non si tratta di essere bistrattati o meno, Davide ha perfettamente ragione, noi allenatori abbiamo l’onere di gestire un gruppo di 16/18 giocatori in campo e fuori a 360 gradi. L’allenatore fa il suo dovere e il sabato viene considerato solo in caso di sconfitta, non vince mai. I giocatori vincono, l’allenatore perde. Solo alcuni, che hanno esperienza nel vendere fumo a dirigenti e stampa, vengono considerati in gamba perché hanno sposato la filosofia dell’“io ho vinto” o “i ragazzi hanno giocato male e perso”. Allora appare come un grande tecnico poiché non perde mai, e purtroppo un’informazione a volte poco attenta e la mancanza di cultura fa passare questi per vincente. E chi lo dice? La stampa o i dirigenti i quali spesso non sono preparati per giudicare tecnicamente o tatticamente. Ogni anno noi allenatori premiamo i migliori giocatori del campionato, benissimo, magari ci fosse anche un evento “All Stars”. Sarebbe bello se i capitani o i rappresentanti potessero votare anche i migliori allenatori, non mi interessa il premio in sé, ma il concetto. Poi, aspetto da non sottovalutare, quanti allenatori vengono contattati per i reali risultati o il tipo di gioco o la crescita dei ragazzi da una società o solo per il cv, in cui non c’è un aggiornamento negli ultimi anni o c’è solo un titolo casomai vecchio di decenni, o per la bravura a “proporsi”? Noi vogliamo un’Italia che si rialzi o si cominci ad alzare, vogliamo dei giocatori allenati e formati per competere a livello internazionale, bene, ma dietro c’è il lavoro fisico, mentale, tattico e tecnico di un allenatore, e non solo, e più questo sarà aggiornato e sul pezzo, migliore il lavoro che si farà sui giovani e sugli atleti in particolare”.