Coronavirus, buone notizie dai dati del 25 aprile: l’analisi

Arriva anche oggi, come ogni giorno, il punto sui numeri dell’emergenza Covid-19 a cura di Ermete Labbadia, laureato in economia e commercio, ma appassionato di statistica, materia sulla quale ha anche fatto la tesi di laurea.

Ermete Labbadia

Notizie confortanti – scrive Labbadia – sotto tutti i punti di vista ci arrivano dai dati comunicati il 25 aprile.


Gli attualmente positivi sono 105847 e scendono di 680. Nei prossimi giorni questo numero a nostro avviso scenderà ancora più rapidamente: avremo anche migliaia di attualmente positivi in meno giorno dopo giorno.

I guariti salgono a 63120 (+ 2622): anche qui attendiamoci un numero sempre elevato quotidiano nel prossimo periodo.

I casi totali da inizio epidemia salgono sempre di meno: 195.351 (+ 257),  ma come abbiamo più volte detto il paragone con i periodi precedenti è molto più positivo, perché dobbiamo considerare il numero di tamponi , che è 15 volte superiore a quello degli inizi di marzo e il fatto che i test non vengano fatti ora solo a sintomatici, ma gradualmente è notevolmente aumentata la percentuale di asintomatici testata.   

Questo fa sì anche che nei bollettini giornalieri ci troviamo casi positivi contratti anche diversi giorni prima del tampone effettuato.

In ben 12 regioni (Umbria, Basilicata, Molise, Valle d‘Aosta, Sardegna, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Campania, Abruzzo, Marche, Sicilia e Puglia) più Bolzano si sono riscontrati meno di 40 positivi. In queste zone quindi si contano sulle dita di una mano o sono assenti le nuove persone ricoverate con sintomi medi o gravi.

Diminuisce in tutta Italia il numero degli attualmente ricoverati : dal 4 aprile in cui erano 29010   si è passati ai 21533 del 25 aprile.

Diminuiscono anche le persone contemporaneamente in terapia intensiva passate dalle 4068 del 3 aprile alle 2102 del 25 aprile (quasi dimezzate  in una ventina di giorni).

Diminuisce anche il numero dei decessi: 415 in tutta Italia, ritornando al  numero ufficialmente computato  a metà marzo.  La differenza rispetto a quel periodo è comunque che la maggior parte dei decessi che avvengono ora sono collegabili a contagi di settimane e anche mesi fa.

Per questo motivo la curva dei decessi giornalieri che vi proponiamo nel grafico di oggi deve essere vista in maniera più positiva di quello che potrebbe essere un primo impatto che dimentichi queste considerazioni.

Come abbiamo anche visto nel punto di ieri, in Italia e Spagna la curva dei decessi ha un trend  di gran lunga migliore rispetto a quelle di altri paesi dell’Occidente colpiti in maniera forte dal Coronavirus (USA, Regno Unito, Francia e Germania) .

Nel grafico proposto oggi osserviamo anche l’andamento dei decessi giornalieri per Covid 19  in Lombardia e nel resto d’Italia.

Chiaramente non appare, se non in modo molto parziale, nei dati ufficiali quello che è accaduto in Lombardia dal 15 al 20 marzo. Lì probabilmente in alcune giornate, mantenendo le stesse proporzioni, le linee sarebbero schizzate così in alto da uscire dagli schermi dei nostri dispositivi. Il grafico lombardo ci dà solo le morti di persone che hanno effettuato comunque un tampone.

Il massimo del numero dei  decessi ufficiali lo riscontriamo in Lombardia il 27 marzo (541) e il 28 marzo (542), quindi circa 10 giorni dopo il massimo delle chiamate al pronto soccorso lombardo per motivi respiratori e infettivi.

C’è anche un altro picco di decessi nella regione il 21 marzo (546), ma dovuto probabilmente a persone che a ridosso di quella data sono arrivate in condizioni critiche per mancanza di posti  e per  altre criticità avvenute in quei giorni.

Molto meno nervosa la curva dei decessi nel resto d’Italia. Qui il picco dei decessi giornaliero lo riscontriamo il 31 marzo con 456, che ci fa presupporre per le considerazioni fatte in precedenza un picco dei contagi giornalieri avvertiti nel resto d’Italia intorno al 21 marzo, dato che coincide con quello dei casi accertati nei bollettini nazionali  ufficiali, poiché comunque il numero di test che si facevano e ancora si fanno in  Lombardia sono  di una percentuale che non supera il 20% di quella del territorio nazionale, ovviamente perché i laboratori  e la capacità di testare in una sola regione non possono essere pari o superiori a quelli di tutte le altre messe insieme.Fiduciosi nei dati confortanti arrivati il 25 aprile ci avviamo in una Fase 2 che deve essere approcciata soprattutto inizialmente con la massima prudenza da parte di tutti e che speriamo abbia nel corso del tempo restrizioni e soprattutto norme burocratiche proporzionali agli eventuali rischi che ci auguriamo sempre man mano calanti  nelle settimane successive.