Ennesimo intoppo nella procedura concorsuale relativa alla società che gestiva l’hotel “Il Guscio”, a Terracina.
Il giudice delegato del Tribunale di Latina, Marco Pietricola, ha bloccato la vendita di un terreno della Quadrifoglio Sas a Laigueglia, in provincia di Savona, che sarebbe stato venduto per pochi spiccioli da una società specializzata in vendite immobiliari su delega del primo curatore fallimentare e sulla scorta di una stima fatta da un perito delle Marche.
Stando a quanto segnalato al giudice infatti la stima sarebbe stata fatta considerando quel terreno come agricolo, mentre lo stesso, grazia a una variante, sarebbe diventato edificabile e avrebbe avuto un valore considerevole.
Il Tribunale ha così sospeso la vendita, nonostante il bene fosse già stato aggiudicato, alla luce del potere riservato alla magistratura “qualora sussista una notevole sproporzione tra il prezzo offerto e quello giusto”.
E al nuovo curatore, il prof. Michele Onorato, è stato dato mandato di fare una valutazione e depositare una relazione sulla vicenda.
L’ennesimo inghippo in un caso già al centro di un’inchiesta della Procura della Repubblica di Latina, in cui è stata ipotizzata una catena di illeciti attorno al fallimento, tra turbativa d’asta, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, abuso d’ufficio, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, indagando nove persone, tra cui sette professionisti, a partire da quelli che avrebbero dovuto lavorare nell’interesse dei creditori.
Un’indagine partita dopo la denuncia presentata dall’imprenditrice che gestiva una società con sede a Cuneo, la Circe srl, proprietaria dell’hotel dato in affitto a una seconda società, con cui veniva gestita la struttura ricettiva, la Quadrifoglio sas appunto, rappresentata dalla medesima imprenditrice.
L’hotel, a due passi dal mare , a seguito di una procedura esecutiva del 2008, era stato inoltre pignorato e nell’ambito di tale procedura stimato da un perito del valore di oltre 4 milioni di euro.
E a tale prezzo, dopo essere stato dato in custodia a un notaio di Terracina, a febbraio 2017 era stato mandato all’asta.
Il curatore del fallimento della società, un commercialista di Latina, aveva poi nominato amministratore, al posto dell’imprenditrice, un altro commercialista del capoluogo pontino.
Lo stesso curatore aveva quindi presentato al Tribunale un programma di liquidazione, stimando in oltre 800mila euro i debiti dell’azienda e puntando sulla vendita diretta delle quote della società proprietaria dell’hotel, specificando che vi era un’offerta di acquisto di tali quote presentata tramite un noto studio legale di Latina.
Dato l’incarico a un altro commercialista di Latina per valutare le quote dell’azienda, le stesse erano state stimate del valore di quasi 240mila euro.
Una somma ritenuta irrisoria dall’imprenditrice che ha presentato la denuncia, considerando che l’hotel era stato ritenuto un bene del valore di oltre 4 milioni.
In poco tempo però quelle quote erano state vendute all’offerente, un altro commercialista ancora, sempre di Latina, in cambio di poco più di 280mila euro, versati mediante dodici assegni circolari emessi lo stesso giorno della vendita.
E subito dopo l’amministratore della società, tramite lo stesso legale che aveva fatto presentare all’acquirente l’offerta, aveva ottenuto la sospensione dell’esecuzione immobiliare, che giunta l’asta al terzo tentativo partiva da una base di quasi 2,3 milioni di euro.
Il commercialista che aveva acquistato le quote le aveva poi cedute a un familiare e alla moglie dell’avvocato che gli aveva fatto presentare l’offerta, per circa 170mila euro, pagati sembra con gli stessi assegni circolari utilizzati per l’aggiudicazione delle quote.
Infine, ottenuta dalla società la rinuncia agli atti esecutivi, si era estinta anche la procedura esecutiva sull’hotel.
Senza contare che successivamente la Circe srl aveva di nuovo cambiato assetto societario, essendo le quote passare dal commercialista, dal familiare di quest’ultimo e dalla moglie del legale coinvolto nella vicenda a una società di proprietà della famiglia di un albergatore terracinese su cui già si erano concentrate le indagini.
Quote cedute per un milione e mezzo di euro, grazie anche a un mutuo da 1,4 milioni concesso da una banca, con scadenza nel 2036 e un’ipoteca da 3,4 milioni.