Golfo di Gaeta ed inquinamento: le associazioni chiedono l’estensione dell’area sensibile

Gli interventi pubblici dell’ex Sindaco Pino Sardelli sono importanti nella misura in cui pongono una chiave di lettura di quanto accade oggi alla luce di quanto accaduto in passato. Diventa necessario quindi a questo punto completare la narrazione con uno sguardo verso il futuro e sulle cose da fare affinché possa veramente svilupparsi una consapevole presa di coscienza sulle tematiche trattate.

Su questa linea siamo interessati a sostenere un confronto, che ci auspichiamo diventi il più esteso possibile, coinvolgendo tutte le componenti della società civile e diremo soprattutto della cittadinanza minturnese.


Ritornando alla fonte degli inquinanti del nostro mare questa volta l’argomento lanciato è l’itticoltura. Quello che sostiene in sostanza Sardelli non è solo vero, ma anche acclarato da una norma regionale: quella che nel 2010 ha istituito l’area sensibile in cui il Golfo di Gaeta è individuato come mare “chiuso” che, se non ormai totalmente eutrofizzato (morto), sicuramente rischia di divenirlo in tempi brevi.

Le principali cause di tale condizione vengono individuate negli estesi allevamenti di itticoltura e negli inquinanti provenienti dai principali bacini idrici dei fiumi Rio Pontone da Itri, Acquatraversa e Rio Capo D’acqua-Santa Croce.

Per gli impianti di itticoltura e mitilicoltura è dichiarata la loro “messa al bando” dall’area sensibile, e, per le altre fonti inquinanti controllate anche attraverso gli impianti di “depurazione”, che entro il 2015 avrebbero dovuto essere adeguati agli standard di trattamento fissati dal codice dell’Ambiente (le autorizzazioni rilasciate dalla Provincia nel 2007 non sono in linea con la norma sopracitata), equivalente obbligo è previsto anche per i depuratori industriali. Inoltre cosa molto importante entro 12 mesi dall’approvazione dell’area sensibile ovvero entro il 2012, i Comuni avrebbero dovuto individuare gli scarichi non depurati che finiscono in mare e nei vari fossi e rii e le aziende agricole devono attenersi al D.M. 19/4/1999.

A questo punto bisogna dire basta alla gara di cosa e di chi inquina di più. E’ ora di combattere ogni forma di inquinamento e in ogni modo. Si tratti del Rio Recillo o del Garigliano o altro impianto. E questo riguarda tutto il Golfo e non solamente l’area sensibile.

Inoltre, visto lo stato dei fatti e l’attuale grave inquinamento del nostro Golfo, è evidente che la predetta norma regionale si è rivela debole rispetto ai suoi obiettivi anche perché pone come termine del Golfo di Gaeta la Torre del Fico all’apice di Monte di Scauri.

Monte D’Oro, Scauri

Una contraddizione in termini poiché il Golfo di Gaeta va bel oltre e nel contempo lascia fuori un “piccolo” Rio qual è il Garigliano (vettore di ogni sorta di inquinamento del Golfo), inoltre perché abbandona il tratto di mare antistante il Monte di Scauri, individuato per legge area di reperimento per l’istituzione di un’Area Marina Protetta (ovvero da tutelare, altro che eutrofizzare), fingendo di ignorare che le correnti marine portano gli inquinanti verso Monte D’Argento, come confermato anche dall’indagine 2001-2011 sul Golfo di Gaeta fatto dall’ARPA Lazio (tale rapporto dichiara anche la neccessità di metodi di indagini più rapidi ed efficaci per la ricerca delle fonti inquinanti e la biodiversità del Golfo, ricerca affidata al progetto SAMOBIS).

Diventa, pertanto, urgente e necessario che la Regione Lazio estenda l’Area Sensibile fino al Garigliano e che il Ministero dell’Ambiente approvi l’Area Marina Protetta di Monte di Scauri e gli Enti Territoriali facciano tutto quanto in loro potere per il controllo del territorio e l’individuazione di danni ambientali certi o possibili, a partire dalle delibere a sostegno di quanto anzidetto.

Altro motivo è il danno ambientale che il nostro Golfo e il bacino idrico ad esso afferente hanno subito e continuano a subire e non solo dagli impianti di itticoltura e Rio Recillo.

Ad esempio: il bilancio idrico. Nel Sud Puntino le condotte disperdono più del 75% delle acque emunte dalle sorgenti pari a circa 125 milioni di litri per anno e di queste 36 milioni finiscono nelle nostre case e 31 milioni finiscono in mare dopo il trattamento.

L’ISTAT fino al 2012 dichiara che ATO4-Lazio non è dotato di impianti con trattamento terziario, ovvero tali che le acque dopo il trattamento possono essere immesse, ovvero riutilizzate nell’ambiente senza pericolo di inquinamento (per irrigazione, ad esempio) e quindi riciclate. Un bilancio idrico per l’ambiente sicuramente negativo. Il punto quindi è “Chi ha tratto e trae profitto dall’inquinamento del Golfo?”, “Chi deve risarcire il danno subito dal nostro mare?” Il reato ambientale, è indipendentemente dal fatto se dovuto ad attività autorizzate o meno ed è anche un reato di allarme (la denuncia di Sardelli in quanto Sindaco sugli impianti ittici è stato un allarme), pertanto, la valutazione di tale tipo di reato è di competenza istituzionale esclusiva della Procura della Repubblica ed è per questo motivo che ci siamo sempre rivolti e continueremo a rivolgerci a tale istituzione per accertare eventuali danni ambientali.

In ogni caso non vi sono Leggi, Aree Sensibili, Aree protette, Procure della Repubblica e Istituzioni Territoriali se noi cittadini non prendiamo coscienza del problema e imponiamo la nostra volontà di tutelare le comuni risorse ambientali, primi fra tutti gli amministratori passati, presenti e futuri che siano. Da questo punto di vista apprezziamo la collaborazione che si è instaurata tra i Sindaci del Sud-Pontino e auspichiamo che diventi quanto più proficua che mai e stiamo valutando come esplicitare quanto comunicato in apposite e specifiche richieste da inviare alle competenti istituzioni”.

Lo hanno reso noto con un post congiunto pubblicato su Facebook l’Associazione Pendolari Stazione Minturno-Scauri, la Confconsumatori Latina e Italia Nostra sezione golfo.