Banche, solidità e solvibilità elementi cardine per la salute di ogni istituto

La crisi della fine dello scorso decennio, avviatasi col crack di Lehman Brothers (considerato estremamente affidabile dalle agenzie di rating nel momento stesso in cui si avviava al default) e sfociata, in seguito, nella più grande crisi finanziaria dagli anni ’30 ai giorni d’oggi, ha radicalmente modificato il concetto di rischio in ambito bancario e finanziario, oltre ad aver costretto le banche centrali a mosse “anti-convenzionali” per evitare che la stessa crisi diventasse irreversibile e ben peggiore di come si sia realmente manifestata. I danni, però, sono stati tangibili. E ancora oggi, seppur in un contesto in lento e progressivo miglioramento, gli effetti della seconda più grande crisi economico-finanziaria degli ultimi cento anni sono ben visibili.

Arriva il “bail in”: addio alle obbligazioni garantite

Anche i cittadini, di conseguenza, si sono dovuti adattare a questo contesto macro-economico tutt’altro che brillante, mutando i propri comportamenti in termini di spesa e risparmio. Ed è in quest’ultimo campo, ovvero quello bancario e finanziario, che si è assistito ad una vera e propria rivoluzione. Solo pochi anni fa, infatti, la scelta di privilegiare un istituto di credito piuttosto che un altro, non era fonte di preoccupazione.


Oggi, invece, lo scenario è radicalmente mutato, soprattutto per quei risparmiatori che investono in strumenti storicamente considerati poco rischiosi come le obbligazioni. I primi dolori, in tal senso, li hanno potuto sperimentare alcuni cittadini che, dotati di una scarsa cultura finanziaria, decisero – talvolta rassicurati dai consulenti finanziari – di investire in obbligazioni subordinate, strumento che, in caso di default dell’emittente, non consente al sottoscrittore di rientrare nei creditori privilegiati ed amplifica, sensibilmente, il rischio di perdere buona parte della somma investita.

Ma l’entrata in vigore del “bail in“, emanato direttamente per volere dell’Unione Europea, ha di fatto annullato anche eventuali garanzie circa il rimborso delle obbligazioni senior, ovvero quelle un tempo garantite dai fondi interbancari o statali, in caso di default dell’emittente: ad oggi, l’unica garanzia presente nel mondo bancario riguarda i depositi presenti sul conto corrente fino alla concorrenza di €.99.999,99, ossia inferiore alla fatidica soglia dei €.100.000,00. I risparmiatori, quindi, si sono trovati costretti a valutare, attentamente, a chi affidare i propri risparmi, onde evitare, come successo recentemente ai clienti di due noti istituti veneti falliti, di restare col cerino in mano. E’ divenuta di fondamentale importanza, di conseguenza, valutare la solidità e solvibilità dell’istituto di credito al quale, ogni singolo cittadino, decide di affidare i propri risparmi, come viene ben evidenziato da una guida interessante e dettagliata sul sito Conto Corrente.

Valutare la solvibilità e solidità di una banca grazie al “CET 1”

Per aiutare a comprendere se una banca abbia un elevato grado di solidità e solvibilità, un indice molto importante è rappresentato dal “CET 1 Ratio“, rapporto fra le attività ponderate e il rischio, stilato annualmente per tutte le banche facenti parte dell’area €uro e rilevato in occasione degli “stress-test” sui maggiori istituti di credito europei. Un dato che, per motivi di trasparenza e del mutato scenario finanziario, dovrebbe essere messo in grande evidenza da parte delle varie istituzioni dei paesi membri, in Italia – a titolo esemplificativo – Banca d’Italia e Consob, ma che non sempre trovano il giusto risalto: maggiore è il “CET 1 Ratio”, più elevata è la solidità dell’istituto di credito. La “Linea Maginot” è rappresentata dall’8%: sotto questa soglia, infatti, gli istituti devono essere posti in amministrazione straordinaria, come capitato, nel recente passato, ad un istituto veneto ed uno toscano, che nelle rilevazioni annuali esprimevano un “CET 1 Ratio” inferiore al minimo previsto.

In ambito finanziario, consulenti autonomi e blogger finanziari spingono affinché questo indice venga reso pubblico dagli istituti di credito, accusati, dagli stessi, di renderlo noto solo in circostanze particolarmente vantaggiose. Una delle proposte avanzate, chiede che le banche italiane pubblichino il “CET 1 Ratio” direttamente sulla homepage del proprio sito internet, possibilmente in bella evidenza, e premono affinché Banca d’Italia effettui una “moral suasion” perché ciò avvenga. Una richiesta di buon senso, che potrebbe agevolare i risparmiatori nella scelta dell’istituto di credito al quale affidare i propri risparmi, oltre a fornire una preziosa informazione su quale sia la reale situazione della propria banca.

Foto di Steve Buissinne da Pixabay