Successo a Formia per le iniziative dedicate all’antica via Appia

Il raggruppamento associativo Sinus Formianus, in collaborazione con la Soprintendenza e il Comune di Formia, ha dedicato l’intera mattinata di ieri, domenica 19 maggio alla Via Appia Antica.

La via Appia è una strada che collegava l’antica Roma a Brundisium (Brindisi), il più importante porto per la Grecia e l’Oriente nel mondo dell’antica Roma. L’Appia è probabilmente la più famosa strada romana di cui siano rimasti i resti, nonché la prima strada costruita secondo criteri moderni, tanto da permetterne l’utilizzo anche in inverno. La sua importanza viene confermata dal soprannome che i Romani le avevano dato: Regina Viarum.


Luogo significativo e simbolico dell’incontro, la Tomba di Cicerone, a Formia. Nonostante il tempo incerto,tante persone coraggiose hanno affrontato pioggia e fango per ascoltare il racconto delle guide abilitate di Sinus Formianus. Al termine di ogni visita guidata, l’attore Enzo Scipione ha letto piccoli frammenti dagli scritti di Plutarco riguardanti la morte di Cicerone. Momenti semplici e suggestivi in un sito di grande fascino che è sempre visitabile ogni prima e terza domenica di ogni mese, dalle 10,30 alle 13,00.

LA STORIA

I lavori per la costruzione iniziarono nel 312 a.C., per volere del censore Appio Claudio Cieco (Appius Claudius Caecus, appartenente alla Gens Claudia), che fece ristrutturare ed ampliare una strada preesistente che collegava Roma alle colline di Albano. I lavori di costruzione si protrassero fino al 190 a.C., data in cui la via completò il suo percorso fino al porto di Brindisi.

Fra i vari avvenimenti tragici che caratterizzarono questa via, si ricorda, nel 71 avanti Cristo, la crocefissione lungo la strada, da Roma a Pompei, di 6.000 schiavi che si erano ribellati sotto la guida del celebre Spartaco (Spartacus).

La strada fu restaurata ed ampliata durante il governo degli imperatori Augusto, Vespasiano, Traiano, Adriano.

Nel Medioevo, l’Appia divenne, con la via Traiana, la via dei crociati, e per questo dal porto di Brindisi salpò Federico II in direzione della Terra santa.

La via Appia cadde poi in disuso per molto tempo, anche a causa dell’inclusione in aree private di buona parte del suo percorso, fino a quando Papa Pio VI, verso la fine del 1700, ne ordinò il restauro, realizzato con il recupero e l’esposizione “museale” di molte parti di edifici romani, tombe e non solo. Il papa inoltre, confiscando le aree rese proditoriamente private, la riportò in attività.

Ampie parti della strada originale si sono preservate fino ad oggi, e in particolare lungo la parte di strada più vicina a Roma, purtroppo ancora percorribile in auto, si possono ammirare tombe, terme, resti di templi e altre costruzioni romane del periodo fra il 300 ac e il 400 dc, spesso trasformate per utilizzi successivi, nonché catacombe delle prime comunità cristiane.

Ancora oggi può essere considerata un vero e proprio museo a cielo aperto, fra l’altro restaurato in occasione del Giubileo del 2000, per riportare alla luce quanto più possibile dell’antico tracciato stradale, asportando la copertura in asfalto che era stata posata sul basolato antico per permettere il passaggio dei carri armati americani nel ’44.

ITINERARIO

Il percorso originale dell’Appia Antica, partendo da Porta Capena, vicino alle Terme di Caracalla, collegava l’Urbe a Capua (Santa Maria Capua Vetere) passando per Aricia (Ariccia),Forum Appii, Anxur (Terracina) nei pressi del fiume Ufente, Fundi (Fondi), Itri, Formiae (Formia),Minturnae (Minturno), eSinuessa (Mondragone).
Da Capua proseguiva poi per Vicus Novanensis (Santa Maria a Vico) e, superando la Stretta di Arpaia, raggiungeva, attraverso il ponte sul fiume Isclero, Caudium (Montesarchio) e di qui, costeggiando il monte Mauro, scendeva verso Apollosa ed il torrente Corvo, su cui, a causa del corso tortuoso di questo, passava tre volte, utilizzando i ponti in opera pseudoisodoma di Tufara Valle, di Apollosa e Corvo, i primi due a tre arcate e l’ultimo a due. Questi furono distrutti durante la seconda guerra mondiale, e solo quello di Apollosa è stato ricostruito fedelmente.

È dubbio quale percorso seguisse l’Appia da quest’ultimo ponte fino a Benevento; rimane però accertato che essa vi entrava passando sul Ponte Leproso o Lebbroso, come indicato da tracce di pavimentazioni che conducono verso il terrapieno del tempio della Madonna delle Grazie, da cui poi proseguiva nel senso del decumano, cioè quasi nel senso dell’odierno viale San Lorenzo e del successivo corso Garibaldi, per uscire dalla città ad oriente e proseguire alla volta di Aeclanum (Mirabella Eclano), come testimoniano fra l’altro sei interessanti cippi miliari conservati nel Museo del Sannio.
L’Appia raggiungeva poi il mare a Tarentum (Taranto), passando per Venusia (Venosa) e Silvium (Gravina). Poi svoltava a est verso Rudiae(Grottaglie) fino ad un’importante stazione presente nella città di Uria (Oria) e, da qui, terminava a Brundisium (Brindisi) dopo aver toccato altri centri intermedi.
La Via Appia Traiana avrebbe poi subito dopo collegato, in maniera più lineare, Benevento con Aecae (Troia), Canusium (Canosa) e Barium (Bari).