Alba Pontina, chiesti ottanta anni di carcere per nove imputati

Ottanta anni di carcere per nove imputati. I pm Luigia Spinelli e Claudio De Lazzaro hanno chiesto le condanne di tutti gli imputati nell’inchiesta Alba Pontina che hanno scelto di farsi giudicare con rito abbreviato e la sentenza del giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma, Annalisa Marzano, è attesa per metà luglio.

Nel corso della loro requisitoria i pubblici ministeri hanno ricostruito le indagini portate avanti dalla squadra mobile di Latina su quella che a loro avviso è un’associazione per delinquere di stampo mafioso, messa in piedi nel capoluogo pontino dai Di Silvio di Campo Boario e dedita alle estorsioni, all’usura, all’intestazione fittizia di beni, al traffico di droga e alla corruzione elettorale.


Un aspetto quest’ultimo che non è stato però alla fine contestato ai nove. Nonostante i due pm abbiano evidenziato l’attività di alcuni imputati nella compravendita di voti a favore dell’allora candidato sindaco di Latina, Angelo Tripodi, e in particolare dell’imprenditore Roberto Bergamo, a capo di una delle liste che sostenevano l’aspirante primo cittadino. Particolare che mostrerebbe la particolare attenzione posta sulla vicenda dall’Antimafia, ancora impegnata in delicate indagini proprio sul rapporto tra i nomadi e un pezzo di politica.

I pm, nello specifico, hanno chiesto la condanna a 18 anni di reclusione per Samuele e Gianluca “Bruno” Di Silvio, a 16 anni e 8 mesi per Ferdinando Pupetto Di Silvio, a 6 anni per Gianfranco Mastracci, a 5 anni per Daniele “Canarino” Sicignano e Valentina Travali, a 4 anni e 4 mesi per Mohamed Jandoubi e Hacene Hassan Ounissi, e a 2 anni e 2 mesi per Daniele Coppi.

Un processo in cui pesano le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Renato Pugliese, figlio del capo rom Costantino Cha Cha Di Silvio, e Agostino Riccardo.