Accolto il ricorso presentato da Acqualatina contro l’Autorità nazionale anticorruzione.
Il Tar del Lazio ha annullato i provvedimenti che, dopo aver inquadrato la spa dell’acqua come una società partecipata a controllo pubblico, imponevano all’azienda di sottostare alla normativa in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza.
Secondo l’Anac i Comuni dell’autorità d’ambito, che detengono il 51% del capitale sociale di Acqualatina, hanno il controllo della società, un controllo pubblico dunque, esercitando sull’azienda un’influenza dominante in virtù degli accordi contrattuali siglati che hanno portato anche all’istituzione della Conferenza dei sindaci e dei presidenti.
Da lì la decisione dell’Autorità presieduta da Raffaele Cantone di configurare la spa che gestisce il servizio idrico in provincia di Latina come una società partecipata in controllo pubblico, a capitale pubblico maggioritario e sotto l’influenza dominante di amministrazioni pubbliche, in virtù di particolari vincoli con esse e come tale rientrante nell’ambito soggettivo di applicazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza.
Provvedimenti impugnati dalla società, perché dalla stessa ritenuti lesivi, e ora annullati dal Tribunale amministrativo del Lazio.
Per i giudici, “dall’esame dell’intero statuto” della spa “possono evincersi elementi opposti alle conclusioni dell’Anac, in considerazione della sussistenza del potere di veto del socio privato”.
Essendo poi il socio privato quello a cui compete la scelta dell’amministratore delegato, sempre per il Tar è il socio privato “che può avere la gestione operativa e il controllo di fatto della società”.
Una sentenza che sembra chiarire chi realmente comanda nella spa dell’acqua.