In una nota stampa, attraverso il suo portavoce Nicola Reale il movimento civico Partecipazione Attiva interviene sul porto di Sperlonga.
«Il porto di Sperlonga è stato realizzato intorno al 1960, per soddisfare le esigenze dei pescatori del luogo. Nel 2001, su iniziativa di privati, viene costituita la Società “Porto Sperlonga” per l’ampiamento e l’ammodernamento della struttura, nonché per la gestione dei servizi inerenti le attività portuali. La Società nasce con un capitale sociale di 100mila euro, 8 soci, sede legale a Fondi e un amministratore unico. La durata della Società è prevista fino al 2070, con proroga tacita indeterminata. Sono soci della società, oltre a 5 privati (con una partecipazione complessiva dell’8,8%) , la S.r.l. Approdi Pontini (con il 47%), la S.r.l. Marina di Sperlonga (con il 39,2%) e lo stesso Comune di Sperlonga, con una partecipazione del 5%. Tra i proprietari della Marina di Sperlonga risulta uno degli avvocati difensori del sindaco Cusani nel processo in corso denominato “Tiberio” e una serie di tecnici riconducibili allo Studio che ha progettato gran parte degli interventi di edilizia pubblica a Sperlonga (ad esempio, il famoso Piano Integrato) oltre ai due hotel di proprietà del Sindaco Cusani (Grotta di Tiberio e Ganimede). Della Società Marina di Sperlonga sono proprietari due privati (per una quota complessiva del 2,88%) e la Akros Immobiliare S.r.l. con una quota del 97,12%, che però alla Camera di Commercio di Roma risulta essere “impresa inattiva”. Di quest’ultima Società diventa difficile seguire le tracce perché esse si perdono attraversando il Canale della Manica e giungendo in Inghilterra: sembra, infatti che la proprietà sia della London Investments Ltd con sede a Londra, una società che si occupa di gestioni immobiliari.
Fin dal primo momento la costituzione della Società, l’atto di concessione e alcuni aspetti del progetto furono oggetto di critiche e contestazioni in consiglio comunale da parte dei consiglieri di minoranza dell’epoca, nell’indifferenza dell’Amministrazione e, purtroppo, degli stessi cittadini. Anche grazie a finanziamenti regionali ed europei, i lavori iniziano nel 2008 e vengono poi completati nel 2013. Con il trascorrere degli anni, a fronte di una gestione del porto fortemente penalizzante per i residenti, comincia a prendere corpo tra i cittadini di Sperlonga la consapevolezza di essere stati espropriati del loro porto, e proprio a motivo delle mai chiarite opacità della composizione societaria, gli stessi sperlongani cominciano a chiamarlo “il porto delle nebbie”.
Anche in questi ultimi anni, a chi ha avanzato dubbi sulla trasparenza della composizione societaria, l’Amministrazione comunale (come suo solito) non ha mai risposto. Chi invece – benché non chiamato personalmente in causa – ha sentito il bisogno di rispondere è stato l’imprenditore di Sonnino Luciano Iannotta, il quale risulta essere consigliere di amministrazione della Società Porto Sperlonga, amministratore unico della Società Marina di Sperlonga e sembrerebbe anche amministratore unico della Akros Immobiliare. Iannotta, infatti, il 2 ottobre del 2016, dichiarava al quotidiano Il Messaggero che ‘l’intera compagine del porto di Sperlonga è composta da imprenditori, professionisti e persone locali di altissimo spessore sociale e personale’. E aggiungeva che le informazioni sulla Società potevano tranquillamente essere reperite sul web. In verità, se nel motore di ricerca Google si digita “società Porto Sperlonga” non compare un bel nulla.
Qualche curiosa notizia, invece, la si può apprendere leggendo l’Ordinanza con la quale il Tribunale di Roma, a sèguito dell’inchiesta denominata “Alba Pontina”, il 23 maggio 2018, disponeva l’applicazione della custodia cautelare in carcere per 23 esponenti del clan Di Silvio: era la prima volta che veniva contestata ad un gruppo criminale del capoluogo pontino l’accusa di essere un’associazione per delinquere di stampo mafioso. Dalla lettura della suddetta Ordinanza emerge che tra il 12 settembre e il 5 ottobre 2016, cioè in concomitanza delle dichiarazioni di Iannotta al Messaggero sul porto di Sperlonga, lo stesso imprenditore veniva coinvolto in una vicenda di estorsione messa in atto da componenti del clan Di Silvio. Precisiamo che tale coinvolgimento non ha portato alla formulazione di alcuna ipotesi di reato per Iannotta. Ma vediamo come si sono svolti i fatti.
Nel corso delle indagini di “Alba Pontina” è emerso che nel 2016 la Società ICO Immobiliare Costruzioni si sarebbe rivolta a due personaggi, Agostino Riccardo e Renato Pugliese, entrambi affiliati al clan di Armando Di Silvio, al fine di recuperare un credito che la società stessa vantava nei confronti dell’imprenditore Luigi De Gregoris. Con il beneficio delle nebbie londinesi, sembrerebbe che il De Gregoris sia il proprietario della London Investments Ltd con sede a Londra, società proprietaria della Akros. De Gregoris viene aiutato a risolvere il problema della restituzione del debito dal suo socio e amico, Luciano Iannotta. Per completezza di informazione aggiungiamo che Luciano Iannotta, dal maggio 2018, è anche presidente della Confartigianato della provincia di Latina. Nella suddetta ordinanza di arresto del Tribunale di Roma, si legge che è proprio Iannotta che tiene i contatti con Agostino Riccardo (affiliato del clan Di Silvio) e paga la somma richiesta dalla Società ICO. Del resto Iannotta aveva maturato una certa pratica di come risolvere questo genere di questioni perché, in passato, egli stesso era stato oggetto di richieste estorsive. Evidentemente i contatti tra l’imprenditore Luciano Iannotta e Agostino Riccardo dovevano essere stati piuttosto intensi se il Riccardo, nel corso di una intercettazione telefonica, si definisce “amico di Luciano”. Sembra, del resto, che Iannotta godesse di una certa stima presso il clan Di Silvio, al punto che Gianluca Di Silvio, parlando al telefono con De Gregoris gli dice chiaramente che l’ha scampata solo grazie all’intervento di Iannotta: ‘… mo’ perché era Luciano, se era un’altra persona che ti dovevo fare io a te? Ti dovevo dare direttamente una botta in testa e buttarti in mezzo ai maiali’. Lo stesso Agostino Riccardo, l’uomo incaricato di tenere la trattativa con Iannotta perché De Gregoris paghi il suo debito alla ICO, si giustifica del fatto di non aver potuto eccedere nelle minacce dicendo: ‘…’o sai perché… io co’ Luciano non posso strillà? Perchè io c’ho un’operazione in piedi co’ lui, non stò a scerzà’.
E poi ci sono le parole di Renato Pugliese, l’altro componente del clan che aveva avuto l’incarico di minacciare De Gregoris perché saldasse il debito di 50mila euro con la ICO. Nell’intercettazione di una conversazione con Armando Di Silvio, Ferdinando Di Silvio e Riccardo Agostino, Renato Pugliese dice: ‘Ma secondo te, pe’ cinquanta sacchi [50mila euro] va a perde venti milioni? Armà, ma se quel ragazzo, Luigi, scappa c’ha un patrimonio de venti milioni de euro. Secondo te Luciano se fa solà venti milioni ? Quello va là, sai che dice? Luì [Luigi] hai trovato l’accordo co’ sti ragazzi. Quanto è? Cinquanta? Qua c’avemo cose da venti milioni, dammi sti cinquanta e basta!’. Pugliese ripete la stesa cosa, in un’altra intercettazione: parlando al telefono con il suo “compare” Agostino Riccardo si dice certo che Iannotta pagherà i 50mila euro necessari a tirare fuori dai guai De Gregoris: ‘… [Iannotta] se sta a cagà sotto, lo sai perché? No pe’ te, no pe’ te, no pe’ te, [ma perché] quello [un altro personaggio] c’ha venti milioni di euro in mano sua, lo sai che dice [Iannotta]? Famme annà a piglià sti cinquanta sacchi [50mila euro] e risolvo. Non va a perde venti milioni. [Perché se] quello scappa domani gli incula venti milioni di euro, non li perde per cinquanta sacchi quello, non te preoccupà, però manco è uno che te li dà così i soldi, ce sta ‘na storia’.

Dunque, le parole di Pugliese lascerebbero intendere che Iannotta non sia accorso in aiuto di De Gregoris per un puro e nobile afflato di amicizia, ma perché Luigi De Gregoris (o qualcuno legato a De Gregoris) potrebbe scappare e tenersi venti milioni di euro: ‘ce sta ‘na storia’.
Sia ben chiaro, Iannotta e De Gregoris non risultano indagati, anzi nell’indagine compaiono come parte lesa, come vittime di una estorsione e il processo dovrà chiarire i punti oscuri dell’intera vicenda. Ma, inevitabilmente, tornano alla mente le dichiarazioni di Iannotta al Messaggero: ‘l’intera compagine del porto di Sperlonga è composta da imprenditori, professionisti e persone locali di altissimo spessore sociale e personale’».