Foibe, l’Anpi: “Vicenda tragica da affrontare con responsabilità civile e serietà storiografica”

La sezione di Formia dell’Anpi interviene sul massacro delle foibe. Di seguito, il comunicato stampa dell’associazione.

«La tragica vicenda delle foibe, che copre un amplissimo arco di tempo, va affrontata senza alcuna ambiguità e contestualizzando i fatti. L’ANPI lo ha fatto con senso di responsabilità civile e serietà storiografica. A tal fine vogliamo ricordare la relazione della Commissione italo-slovena depositata, il 25/07/2000, che ha avuto una maggiore diffusione anche grazie ai comitati ANPI di Gorizia, di Trieste, di Treviso, di Pordenone e di altre zone più direttamente interessate a quella pubblicazione. A cui aggiungiamo gli atti del seminario di Milano del 16/07/2016 su “La drammatica vicenda dei confini orientali” tenuto anche in questo caso da storici italiani e sloveni, che – senza alcuna presunzione di invadere un campo che spetta agli storici – ha voluto contribuire a mettere a fuoco le questioni storiche relative alle vicende del confine italo-sloveno, cercando di superare visioni di parte e risentimenti che fuorviano il dibattito ed impediscono la costruzione di una memoria critica e comune. A questi aggiungiamo l’inaugurazione il 10 febbraio prossimo, a Jesolo, di un monumento a tutte le vittime delle foibe con l’attiva partecipazione della nostra sezione locale.


Sul punto confermiamo la volontà di aderire agli scopi della legge n. 92 del 2004, che ha istituito la giornata del Ricordo, come non potrebbe essere altrimenti! Avendo ben presente davanti ai noi il dolore di tutte le vittime delle stragi nazifasciste verificatesi sul territorio italiano tra il ‘43 ed il ‘45. La legge ha il fine di “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”, sottolineando proprio che la definizione di confine orientale tende a marcare la complessità di una vicenda storica sviluppatasi dal 1941 – quando le forze dell’asse aggredirono ed occuparono senza dichiarazione di guerra la Jugoslavia dividendola tra Germania, Italia, Ungheria e Bulgaria – alla prima metà degli anni ’50, dopo il memorandum di Londra che pose fine alle rivendicazioni territoriali tra Italia e Jugoslavia. In quel periodo i confini orientali – che ricordiamo essere territori multietnici e mistilingui – sono stati continuamente modificati a causa delle rivendicazioni etniche e territoriali che si sono sovrapposte alle vicende dell’occupazione e della persecuzione nazifascista e quindi della guerra di Liberazione, condotta dai partigiani italiani e jugoslavi, a cui sono successivamente seguite l’avvio della guerra fredda e finanche la crisi dei rapporti tra URSS e Jugoslavia, i cui effetti sono stati evidenti fin dopo la caduta del muro di Berlino. Da qui tutta la nostra solidarietà ed il rispetto per vittime di vicende tragiche e la condanna di quanti tendono a negare una realtà storica.

Detto questo, non possiamo non denunciare il tentativo di una parte politica di appropriarsi della vicenda storica del confine italo-sloveno e ricorrere al “paradigma vittimario”, finalizzato ad ottenere una rendita memoriale da spendere per legittimare e riabilitare italiani repubblichini e tedeschi impegnati a fronteggiare “l’invasione slava” in un territorio (la Zona d’operazioni del Litorale adriatico, Operationszone Adriatisches Küstenland) peraltro sottratto all’amministrazione del governo della Repubblica Sociale Italiana e governato direttamente da Berlino. Fatto tanto più grave e discutibile, se si considera che attraverso questa operazione si è cercato di accreditare alcuni falsi storiografici, a partire dalla negazione del carattere storicamente plurale dei soggetti presenti in una regione multietnica e plurilinguistica, in nome di un asserito primato italiano.

L’aggressiva dichiarazione del Ministro dell’Interno, da cui attendiamo la comunicazione dello sgombero della sede occupata da Casapound in Roma, ci consente di precisare che il Governo non dà contributi a fondo perduto all’ANPI bensì finanzia – come per tutte le associazioni riunite nella Confederazione italiana tra le associazioni combattentistiche e partigiane – progetti di ricerca che vengono accolti dal Ministero della Difesa, sulla base di precise proposte e dopo aver ottenuto parere favorevole delle Commissioni Difesa della Camera e del Senato.

Le foibe sono state una tragedia nazionale, che copre un amplissimo arco di tempo e va affrontata senza alcuna ambiguità, contestualizzando i fatti. L’ANPI in molte realtà italiane ha collaborato con altre associazioni per ricordare la pagina tragica delle Foibe, diffondendo e producendo documenti ufficiali sul tema al fine di consentire una lettura attenta ed una riflessione approfondita, a cui invitiamo tutti nell’augurio che le pubblicazioni aventi un serio carattere storico possano servire anche a restituire alla Giornata del ricordo quella che deve essere la sua vocazione originaria».