I 285 villini del “Villaggio del Parco” di Bella Farnia, a Sabaudia, verranno confiscati in via definitiva? All’interrogativo che assilla soprattutto gli acquirenti di quegli immobili, una residenza per anziani che secondo gli inquirenti venne trasformata in una lottizzazione abusiva, dovrebbe arrivare finalmente risposta tra un mese. La Corte di Cassazione si pronuncerà infatti sull’annosa vicenda il prossimo 23 gennaio.
I villini sono stati sequestrati nel marzo 2006 dai forestali del Nipaf, nell’ambito di un’inchiesta del pm Giuseppe Miliano. Accusati di violazioni alle norme urbanistiche e abuso d’ufficio, sono finiti imputati i rappresentanti della società costruttrice “Petrarca Costruzioni”, Carmine Ciccone e la madre Carmen Lorenzi, i funzionari comunali Carlo Gurgone e Vincenzo D’Arcangelo, e l’ex sindaco Salvatore Schintu.
Nel 2012 la Corte d’Appello di Roma ha dichiarato per tutti l’intervenuta prescrizione, meno che per Ciccone e Lorenzi che vi avevano rinunciato e che si trovano così con una condanna a due anni di reclusione e i beni confiscati. Un duro colpo per i tanti che nel “Villaggio del Parco” avevano investito i risparmi di una vita e che da oltre dodici anni si trovano senza soldi e senza casa.
Gli imputati hanno quindi fatto ricorso in Cassazione che, per via della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo Varvara contro Italia, relativa alla confisca in caso di prescrizione, aveva sospeso il giudizio e chiesto l’intervento della Consulta, pronunciatasi nel 2015 specificando che la confisca, anche in tale caso, è comunque possibile.
La Cassazione doveva così decidere, ma un anno fa aveva nuovamente congelato il processo. Le difese, a partire dall’avvocato Luca Amedeo Melegari, difensore di Carmine Ciccone, avevano chiesto di rinviare qualsiasi decisione nell’attesa della sentenza della Grande Camera sul procedimento Hotel Promotion Bureau srl e altri contro Italia, relativo sempre alla confisca in caso di prescrizione, nello specifico per un complesso edilizio nel Comune di Golfo Aranci, confiscato dal Tribunale di Olbia con una sentenza confermata anche dalla Suprema Corte. Una vicenda talmente complessa secondo i giudici europei che hanno chiesto l’intervento della Grande Camera, previsto in casi particolarissimi, composta da 17 giudici anziché i sette che solitamente decidono sui vari procedimenti.
La difesa aveva sostenuto tale richiesta specificando che la Consulta aveva lasciato autonomia alla giustizia italiana, specificando però che tale autonomia sarebbe venuta meno se si fosse consolidata una giurisprudenza europea contraria alla confisca in caso di prescrizione. Sempre i difensori avevano inoltre specificato che, alla luce della posizione presa dalla Corte europea per i diritti dell’uomo, Ciccone e Lorenzi intendevano avvalersi di quella prescrizione a cui, prima che intervenisse in materia la Cedu, avevano rinunciato. Discutendo infine nel merito il ricorso, le difese avevano chiesto l’accoglimento dei loro motivi e, alla luce delle motivazioni della difesa, il procuratore generale aveva chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata per quanto riguarda l’abuso d’ufficio.
Ma proprio la Grande Camera, pronunciandosi, ha specificato che è possibile la confisca anche quando non c’è formale condanna. E la Cassazione ora dovrà decidere.