Condanna definitiva per il fratricida di Sezze. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di Gianni Stirpe e confermato così la sentenza emessa il 27 aprile dell’anno scorso dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma, che ha condannato a 14 anni e 4 mesi di reclusione il 46enne setino che, il 27 luglio 2015, uccise il fratello accoltellandolo al ventre e colpendolo al collo con un’ascia.
Gianni Stirpe e il fratello Luciano, quest’ultimo ampiamente noto alle forze dell’ordine, da tempo avevano discussioni legate a problemi di eredità.
La vittima avrebbe anche denunciato l’attuale imputato per calunnia, battendo su esposti presentati nei suoi confronti e ritenuti del tutto falsi.
Il 27 luglio di tre anni fa i due si incontrarono in località Fontane, a Sezze, e il litigio tra loro ben presto degenerò.
Luciano, 51 anni, venne trasportato subito all’ospedale “Goretti” di Latina, ma invano. Troppo gravi le ferite.
Gianni si giustificò, nel corso dell’interrogatorio davanti al gip, dicendo di essere stato aggredito dal fratello, che con degli zoccoli lo aveva colpito al volto, e a quel punto di non essere più stato in grado di controllarsi.
Per il giudice si trattò però di un “omicidio feroce”, mentre la difesa aveva insistito sulla tesi della legittima difesa o comunque dell’omicidio preterintenzionale.
L’8 luglio 2016 l’imputato venne condannato dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Mara Mattioli, a 20 anni di reclusione, pena poi ridotta in appello. E la sentenza ora è definitiva.
Nel ricorso in Cassazione l’imputato era tornato a battere sulla legittima difesa, la tesi che si sarebbe trattato di un omicidio preterintenzionale e non volontario, l’attenuante della provocazione e la prevalenza delle attenuanti generiche. Ma il ricorso è stato dichiarato inammissibile e avallata la sentenza d’appello.