Chi non nasce sul mare non può capire cosa si prova a viverci, o ad averlo lì e poterci arrivare in 5 minuti a piedi o in macchina. Non può capirlo perché il mare è sole, è refrigerio, è mitezza, è vita. L’altro giorno, però, quel 29 ottobre che rimarrà scolpito nelle menti di molti e nella storia del sud pontino, proprio dal mare, è arrivata l’ondata di maltempo che ha portato distruzione e devastazione, nonché morte.
Terracina, con tutte le difficoltà del caso prova a rialzarsi. Sui social si rilanciano post e foto del “prima” e “dopo”, ma è il presente quello che fa più male, perché mostra le ferite di qualcosa che nessuno si aspettava. A Sperlonga si lavora per rimettere tutto in sicurezza, mentre alcune zone appaiono ancora come se fossero state attraversate da un bombardamento. Negli altri comuni si contano i danni e si fa i conti con un timore: e se dovesse succedere in futuro?
Ma quando esce il sole, il mare torna ad essere quel luogo bello, unico. Il silenzio che lascia spazio alle onde è talmente suggestivo, al pari della bellezza di quella costa della Riviera d’Ulisse, dove ancora sembra impossibile che raffiche di vento simili a tifoni tropicali e incanalate in trombe d’aria simultanee abbiano incredibilmente spazzato via la bellezza. Ma per chi dopo la tempesta è andato sul litorale a cercare la quiete, sicuramente è rimasto deluso, o ha fatto fatica a trovarla. Osservando tra l’azzurro di un mare grosso che ancora pare voglia dimostrare la sua predominanza, l’acqua che tende all’infinito mostrava in molti punti un colore marrone segno dei fondali smossi e di quello che hanno portato a mare, fiumi e canali.
E poi c’è la spiaggia, o meglio, quello che ne rimane. Sì, perché la mareggiata si è mangiata quel sacro punto che sancisce la transizione tra il mondo sommerso e quello in cui noi viviamo, lasciando uno spazio più o meno accreditato, a quelle teorie catastrofiste che sostengono che gran parte del nostro litorale finirà sommerso entro la fine del secolo.
Quale che sia la verità sul domani, oggi, in attesa di un’altra perturbazione – seppur apparentemente più lieve – guardare quel gioiello che è la costa del sud pontino e allo stesso tempo sorridere, appare impossibile. Perché per ogni strada, in ogni angolo, a qualsiasi livello, si notano campi distrutti, alberi abbattuti, carreggiate ristrette dai residui di una guerra con madre natura che sappiamo di non poter vincere. E si fa i conti con ciò che non può non essere raccontato e documentato, perché qualcosa di assolutamente eccezionale, ma con un timore grande, che qualcosa di simile, un giorno possa tornare a minare quell’idilliaco amore tra l’uomo e il proprio mare.