Pubblica amministrazione e appalti, tra forma e sostanza: il convegno

In un angolo del quartiere medievale di Gaeta con la vista che si perde verso l’intero Golfo, avvolti da un incanto antico, sulla terrazza del bastione “La Favorita” ha preso corpo un tema ostico e dai contorni ancora frastagliati: il tema degli appalti pubblici. Il convegno patrocinato dal Comune di Gaeta e intitolato “Regolazione e mercato negli appalti pubblici tra forma e sostanza”, svoltosi nei giorni scorsi, ha visto una carrellata di ospiti illustri che con chiarezza, competenza e semplicità ha toccato sotto più punti il cuore dell’argomento in esame grazie anche al contributo apportato dal testo del notaio Roberto Cogliandro intitolato “L’avvalimento: Profili interdisciplinari”.

La prima a prendere la parola è stata l’assessore alle Politiche Sociali Lucia Maltempo spiegando quanto fosse importante porre l’attenzione sul tema dell’appalto pubblico: “Il contesto mai come adesso per noi amministratori riveste una particolare attenzione per tutte le criticità che possono insediarsi nelle pieghe della materia in argomento. Tale materia richiede specifiche competenze professionali operanti negli ambiti perimetrali tecnici ben definiti, ma il nostro ruolo di amministratore pubblico con potere deliberante e di affidamento finale non può abdicare dalla necessità di maturare una giusta comprensione del fenomeno stesso nei suoi variegati aspetti. Del resto, proprio a sostegno di tale necessità è stata percepita a livello governativo nazionale la necessità di creare una struttura ad hoc ovvero l’A.N.A.C. presieduta da Raffaele Cantone, al fine di fungere da insostituibile sostegno per tutte le amministrazioni dello Stato che devono misurarsi quotidianamente con il contesto in analisi durante l’espletamento delle proprie funzioni civiche. La scelta del convegno è lo stimolo per una più ampia discussione del problema arricchito dall’ultima pubblicazione aderente a tale contesto realizzata dal notai Cogliandro la cui prefazione è stata curata dal dottor Cantone. Il contesto riguarderà anche le immancabili infiltrazioni illegali con tutte le note conseguenze interessanti il crimine organizzato”.


Eviscerandolo con maestria nei suoi tratti chiave, Almerina Bove, Vice Capo di Gabinetto della Regione Campania, ha spiegato l’istituto dell’avvalimento. “L’avvalimento è un istituto molto indagato dalla giurisprudenza amministrativa che nel testo di Cogliandro è esaminato con un approccio interdisciplinare. Si tratta di un istituto in virtù del quale un soggetto esegue un’attività contrattuale o altra attività non utilizzando risorse proprie ed in maniera diretta, ma in maniera indiretta attraverso risorse umane o strumentali di un altro soggetto. Nell’ ambito degli appalti pubblici, di lavori, servizi e forniture trova la sua sede elettiva di applicazione ma esso è conosciuto nel nostro ordinamento in epoca remota ancor prima della sua applicazione in tale ambito. La carta costituzionale all’articolo 118 già prevedeva la figura di avvalimento non applicata agli appalti pubblici laddove nell’attribuire alle regioni funzioni amministrative nelle materie indicate nell’articolo 117, stabiliva che ‘le Regioni esercitano tali funzioni delegandole alle Province e ai Comuni ovvero avvalendosi dei loro Uffici.’ L’avvalimento degli Uffici divenuto poi avvalimento del personale a prescindere dall’ufficio, che è la prima esperienza codificata nel nostro diritto nazionale. Nel testo si trova la distinzione tra avvalimento di ufficio ed avvalimento di personale che non rinviene più nel novello articolo 118, ben presente però nel testo dell’articolo ante riforma. Il campo attivo dell’istituto dell’avvalimento è negli appalti pubblici poiché il medesimo consente alle imprese che intendono partecipare alla gara per l’affidamento di lavori, servizi e forniture, di farlo spendendo i requisiti che non possiedono in maniera diretta ed immediata avvalendosi di requisiti in possesso di altri soggetti. Nel testo del notaio Cogliandro di tale istituto se ne esaminano i profili interdisciplinari. Sul piano civilistico, si scandaglia qual è la struttura contrattuale del rapporto che lega l’impresa che partecipa alla gara d’appalto e l’impresa ausiliaria, ovvero quella che presta i requisiti oggetto di avvalimento nonché i rapporti tra quest’impresa e l’amministrazione. Sul piano amministrativo, si esaminano le diverse applicazioni dell’istituto , quindi avvalimento singolo, a cascata che non è consentito, quello sovrabbondante con le relative criticità che lo stesso presenta. Ovviamente consentire ad un soggetto di partecipare ad una gara divenendo così potenziale contraente con la pubblica amministrazione utilizzando dei requisiti che non possiede avvalendosi di quelli di altri, sicuramente amplia il mercato e la ratio è proprio quella dell’ampliamento della concorrenza nel mercato perseguendo obiettivi comunitari e nazionali. Tuttavia l’utilizzo che si fa di tale istituto può portare a disfunzioni serissime nella misura in cui l’impresa ausiliaria venga chiamata in un accordo con l’impresa partecipante alla gara per eludere la concorrenza. Vengono esaminati quindi anche gli effetti sul piano penale che l’uso abusivo o fraudolente delle finalità dell’avvalimento può in concreto realizzare”.

A seguire, la disamina del Consigliere presso il Tar Campania – Sezione di Napoli, Carlo Bonauro: “Riguardo gli appalti pubblici posso dire il fatto che un’amministrazione, un Comune, una Regione debba confrontarsi con più imprese per selezionare quella più idonea poiché presenta l’offerta migliore , da un punto di vista normativo e giurisprudenziale rappresenta un muoversi tra due poli opposti. Da un lato, l’esigenza di aprirsi al mercato con il valore relativamente nuovo della concorrenza derivante dall’appartenenza turbolenta all’Unione Europea, che vuole che ci sia un mercato ovunque nell’idea che esso porti benessere. Dall’altro c’è l’esigenza, soprattutto nel nostro ordinamento, di contrastare fenomeni di criminalità organizzata che vedono negli appalti pubblici un terreno fertile grazie all’ingente quantitativo di denaro acquisito e le scelte discrezionali delle pubbliche amministrazioni. L’obiettivo che il Legislatore nazionale vuole perseguire è quello di trovare un equilibrio tra apertura al mercato, fiducia alle imprese e controllo che tale fiducia non si tramuti in fenomeni di arbitrio o collusione. Il perseguimento di tale obiettivo emerge con chiarezza guardando ai 15 anni di legislazione in merito agli appalti pubblici. Il punto di avvio è il 1994 con la cosiddetta ‘Legge Merloni’, la numero 109, che in maniera organica cerca di dare un assetto al settore dei lavori pubblici. Si è nel periodo post Tangentopoli, quando si cerca quindi di imbavagliare l’azione amministrativa costringendola lungo binari prefissati, per cui il criterio di aggiudicazione ovvero il meccanismo mediante il quale si sceglie la migliore offerta è quello del prezzo più basso mediante ribasso percentuale. E’ un criterio oggettivo che non si presta a patologie di alcun tipo. In tale contesto nascono le certificazioni S.O.A., cioè una sorta di patente che attesta la solidità e correttezza dell’impresa sul piano deontologico. Esistono però meccanismi di dubbia natura che si preoccupano di dare tale attestazione alle imprese in forza della quale possono partecipare alla gara. In tal senso la trattativa diretta viene marginalizzata. Altra tappa saliente è il 2006, quando l’Italia è chiamata al recepimento di due Direttive Comunitarie, in virtù delle quali il criterio di aggiudicazione mediante il prezzo più basso è affiancato da quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa che, postulando un giudizio, si presta ad incrinature dubbie. L’avvalimento è un istituto che il nostro ordinamento tende a rifuggere. Nei primi testi normativi esso era permesso nella misura in cui la pubblica amministrazione nella sua autonomia regolativa consente alle imprese di avvalersi di tale modalità. La giurisprudenza ha superato tale limite affermando che il diritto dell’impresa di partecipare utilizzando i requisiti altrui discende dall’ordinamento comunitario e l’eventuale silenzio nel bando in merito a ciò comporta che lo stesso è integrato dalla previsione normativa. In pratica, se il bando di gara non prevede l’avvalimento non vuol dire che esso sia vietato. Punto focale in merito a tale istituto è la questione dei requisiti. I requisiti possono essere ‘morali’ o generali che attengono all’idoneità dell’impresa già operante sul mercato e quindi non può concorrere con la pubblica amministrazione chi ha commesso reati contro la stessa, chi è fallito, chi non è in regola con il D.U.R.C. Tali requisiti non possono essere oggetto di avvalimento. Invece i cosiddetti requisiti speciali o tecnico-organizzativi ed economico-finanziari sono suscettibili di prestito. Ivi compresa anche la certificazione S.O.A. Punto chiave è il D.Lgs 50/2016 corretto nel 2017 con il cosiddetto correttivo che ha cercato di trovare una mediazione tra i due poli normativi del 1994 e del 2006. Ha assunto il rispetto delle norme comunitarie in nome della concorrenza ed ha cercato di garantire la correttezza, trasparenza e legalità delle scelte amministrative. Tentativo condivisibile attraverso una normazione snella grazie anche ad un ruolo attivo dell’ A.N.A.C.. Il modello però è incompleto purtroppo”.

L’intervento dell’avvocato Angelo Caliendo, consigliere Eurispes, ha chiarito qual è la percezione che l’Italia ha in merito al tema della corruzione contestualizzandolo nell’ambito degli appalti pubblici. “La percezione è quella che il nostro paese sia corrotto, non salvabile, dove occorre fare continue riforme in modo che regole, lacci e lacciuoli possano bloccare la criminalità organizzata”. Ciò deriverebbe da una falsata indagine di mercato ad opera di ‘trasparency’. Ulteriore problema – prosegue l’esperto – risiede nella risposta politica che dalla sera alla mattina trasforma l’Istituto di Vigilanza sui contratti pubblici in Autorità Anti Corruzione affidando ad essa di tutto avvalorando così la percezione che ci sia lotta alla corruzione. Altro punto ostico è il contenzioso. Per evitare il contenzioso si aumenta il contributo unificato e si scoraggiano così le imprese medio piccole impedendo l’accesso alla giustizia. Altro termine da attenzionare è quello della burocrazia. La burocrazia italiana scoraggia gli investitori esteri. Per il raggiungimento dell’equilibrio tra forma e sostanza si dovrebbe far sì che la forma ovvero le regole e quanto afferisce al codice degli appalti, fosse lo strumento che permetta di arrivare alla sostanza cioè ​all’essenza dell’appalto pubblico: dare un bene pubblico per fare soldi pubblici tenendo conto del doppio vincolo dell’esiguità spesso del denaro pubblico e della scelta di come investire tale somma nel miglior modo possibile consentendo al miglior offerente di accedere al servizio”.

Anche l’architetto Cerasuoli, consulente ANCE, ha apportato il suo contributo lamentando quanto il “peso della burocrazia italiana” possa essere ostativo ad investimenti esteri ed il rigoglio dell’economia. La fase ultima del tavolo di confronto è stata affidata alla consigliera Tar di Venezia – Sezione II, Daria Valletta, che ha spiegato la prospettiva storica che presiede la materia degli appalti pubblici. “In tale prospettiva si colgono le reali esigenze alle quali si vuol dare risposta mediante il tramite normativa. L’attuale testo normativo di riferimento varato nel 2016 sulla scorta di 3 direttive comunitarie del 2014 ha spinto il Legislatore Italiano al riordino della materia degli appalti pubblici perseguendo un obiettivo di semplificazione, dato che tale materia è stata caratterizzata da fenomeni di stratificazione rispondenti ad esigenze del momento anziché dar voce ad interventi di ampio respiro. La storia degli appalti pubblici risale agli albori del 1800 dove l’idea di fondo è che la pubblica amministrazione nella contrattazione con l’appaltatore sia la parte debole e che quindi vada tutelata rispetto ad una scaltrezza dell’operatore economico, e da qui la concezione di un istituto di privilegio per la pubblica amministrazione dove vuole perseguirsi la cura dell’interesse pubblico e la tutela della moralità della pubblica amministrazione contrastando il fenomeno della corruttela. Infatti, già nel Codice Rocco del 1930 si hanno le prime fattispecie repressive in materia di turbativa degli incanti presiedenti il leale svolgimento delle gare. La peculiarità dell’appalto pubblico, ovvero il contratto con la pubblica amministrazione avente ad oggetto lavori, servizi , forniture, è quella di prevedere che alla stipula del medesimo si addivenga tramite una procedura di gara che si articola poi in vari step che le conferiscono la denominazione ‘procedura di evidenza pubblica’. In tale ottica si innesta a partire dagli anni ’70 il Legislatore Comunitario, che persegue la finalità della tutela della concorrenza ovvero evitare la creazione di fenomeni distorsivi del mercato che si verificherebbero qualora si preferisse un operatore economico rispetto ad un altro senza avvalorare adeguatamente tale scelta. Altresì, il connubio tra le tre Direttive Comunitarie del 2014 ed il Codice del 2016 persegue l’obiettivo di assicurare le procedure di carattere giudiziario possano svolgersi in tempi brevi. Oltremodo l’incidenza della Giustizia Amministrativa in materia di contenzioso con eventuali connotati negativi o paralizzanti è davvero minima”.