Donna aggredita in una notte di sesso e droga, condannato Cascone

Il ristoratore scampato dieci anni fa all’agguato a colpi di kalashnikov sull’Appia torna protagonista delle cronache giudiziarie. Francesco Cascone è stato condannato in via definitiva per la grave aggressione compiuta ai danni di una donna durante una notte di sesso e droga.

Il 28 marzo 2008, sull’Appia, un commando cercò di uccidere Cascone, 44 anni, campano, che all’epoca gestiva il ristorante “L’Oasi” a Cisterna e il “Cancun” al lido di Latina. Il 44enne si salvò e restarono feriti un suo dipendente e il proprietario di un podere vicino al luogo dell’agguato.


Si scoprì che gli autori del tentato omicidio erano i cosiddetti Casalesi pontini, un’associazione mafiosa messa su tra il litorale romano e Latina da Maria Rosaria Schiavone, figlia del pentito Carmine, e dal marito Pasquale Noviello, che per dieci anni avevano terrorizzato i commercianti della zona. E arrivarono anche le condanne per mafia.

Venne però anche alla luce che lo stesso Cascone sarebbe stato coinvolto in traffici di droga e che avrebbe cercato di uccidere due soldati dell’organizzazione mafiosa. Ora la storia del festino degenerato.

Il 24 aprile 2010, dunque due anni dopo l’agguato e l’allontanamento di Cascone dalla zona pontina, una donna denunciò di essere stata portata dal ristoratore a casa sua con l’inganno, dopo che le aveva fatto bere dell’acqua contenente sostanze narcotiche, di essere stata spogliata, costretta a compiere atti sessuali e poi massacrata di botte.

La vittima specificò che il 44enne le aveva tappato la bocca e il naso, aveva tentato di infilarle un lenzuolo in gola e le aveva premuto un cuscino sul volto cercando di ucciderla.

Il Tribunale di Roma, assolto Cascone dalla violenza sessuale e dalla somministrazione di sostanze stupefacenti, ha ritenuto che ai danni della donna non fosse stato compiuto un tentativo di omicidio, ma che l’imputato fosse responsabile soltanto di lesioni personali aggravate.

Era infatti emerso che la vittima aveva mentito sulla violenza sessuale, in quanto lo stesso Cascone l’aveva indotta a presentare una denuncia contro ignoti, per giustificare quei segni di percosse sul corpo della stessa vittima dopo che quest’ultima si era allontanata in taxi da casa sua.

Per il 44enne una condanna dunque a un anno e otto mesi di reclusione, confermata dalla Corte d’Appello di Roma, che ha ridotto il risarcimento per la vittima a 10mila euro.

Inutile il tentativo dell’imputato di dimostrare che anche sulle lesioni la donna non sarebbe stata credibile e che entrambi, avendo assunto cocaina e alcol, non erano lucidi. Vano anche il tentativo di provare che le lesioni fossero dovute a una caduta della vittima, colpita da una crisi epilettica, e da un maldestro tentativo dell’imputato di soccorrerla.

La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile e la condanna è definitiva.